Green logistic e sostenibilità economico\operativa
La decarbonizzazione della logistica è certamente un imperativo morale, ma è anche un piano politico ineludibile, essendo stati sanciti obiettivi ambiziosi in tal senso dall’ormai arcinoto Green Deal Europeo. Allo stato attuale la transizione energetica del settore è sospesa in un rapporto costi\benefici che lascia perplessi gli operatori del settore, sia dal punto di vista economico, sia da quello operativo.
Queste perplessità sono avvertite a livello globale, dove il committment delle pubbliche amministrazioni è meno diretto, a livello comunitario (nonostante l’inesorabilità dell’impegno politico intrapreso in tal direzione), e lo sono in maniera drammatica a livello nazionale, dove dal punto di vista infrastrutturale le arretratezze sono più esasperate e dove il costo del lavoro fatica maggiormente ad essere sostenuto anche senza l’aggravio della necessità incombente di una rivoluzione culturale e tecnologica.
Non dovremmo dimenticarci che, non solo sul patrio suolo, l’universo della logistica fatica a coprire il mero costo del lavoro e (nella quasi totalità dei casi) vive di compromessi, di fragilissimi equilibri sindacali e di inquadramenti incerti, spesso scarsamente rappresentativi degli sforzi richiesti ad operatori di un settore che ormai è attivo h 24, spesso 7 giorni su 7.
Semplificando estremamente possiamo sintetizzare che la perenne carenza di addetti e la quasi estinzione di ruoli chiave (basti pensare alla carenza di autisti, specie se con patente B) non si spiega con la “mancanza” di disoccupati, ma con la percezione di un universo che presenta un penalizzante sbilanciamento vita-lavoro, a fronte di un tornaconto economico ritenuto insufficiente.
Il settore intero ha poi, a seguito dell’esplosione del fenomeno E-Commerce e della diffusione di un modello di logistica “as a service” , sviluppato la necessità estrema di un potenziamento performativo importante, con derive riguardanti sia la necessità di una maggiore puntualità e flessibilità di consegna (su una quantità di destinazioni sempre crescente e con volumi sempre più frazionati e quindi meno redditizi), sia la tracciabilità della filiera, così come la digitalizzazione e la condivisione tempestiva di una serie di dati riguardanti trasporto e conservazione delle merci veicolate, divenuta imprescindibile.
Questo il panorama all’interno del quale oggi si sta ipotizzando di fondare una rivoluzione green che si preannuncia salvifica per il pianeta, ma quantomeno critica per un settore comunque in costante crescita.
Ipotizziamo di essere un operatore logistico che vuole praticare un green washing della propria attività: penseremmo di acquistare dei mezzi elettrici per i trasporti, di munire i nostri centri di distribuzione e le nostre rimesse di colonnine per la ricarica, ed eventualmente cercheremmo di dotare i nostri CeDi di soluzioni per la produzione autonoma di tutta o parte dell’energia consumata dall’attività.
Potenzialmente tutte queste operazioni presentano oggi carattere di fattibilità, ma quanto questo percorso si coniugherebbe con le routine operative precedentemente vigenti e che impatto avrebbe, a livello economico, sulla redditività dell’attività?
Criticità economiche
Dal punto di vista economico, le dinamiche di approvvigionamento energetico più moderne ed ecologiche sono ancora molto poco diffuse ed hanno costi di accesso e necessità infrastrutturali che mal si coniugano con le ristrettezze vigenti.
Le fonti di energia rinnovabile, così come le infrastrutture per poterne attingere, hanno comprensibilmente subito un’ondata inflazionistica importante derivata anche dall’approvazione del Green Deal europeo.
Essendo soluzioni destinate all’ammodernamento aziendale, devono avere l’ambizione di essere il più tecnologicamente avanzate possibile, anche per giustificare l’investimento necessario all’acquisto. Per questi veicoli è necessario ipotizzare un ciclo di vita sufficientemente lungo da consentirne l’ammortamento (sebbene in alcuni casi potrebbe essere anche solo parziale).
Le incentivazioni a riguardo esistono, ma quelle previste per il settore logistica e trasporti sono state da più parti contestate e ritenute scarsamente risolventi: basti pensare che quelle destinate all’implementazione del fotovoltaico in ambito industriale escludono i Centri di Distribuzione in quanto destinate solo a poli dove avviene la produzione delle merci da veicolare.
A livello di trasporti esistono incentivazioni riguardanti l’acquisto di veicoli commerciali destinati al trasporto su strada, ma non ne coprono integralmente il sovraccosto rispetto alle controparti alimentate per mezzo di carburanti fossili.
Ne esistono anche di destinati all’incentivazione dell’intermodalità, per favorire il trasporto su rotaia o su nave, entrambi più ecologicamente sostenibili (anche se quest’ultimo solo in maniera proporzionale rispetto al volume movimentato), ma anche in questo caso il mero movente economico è ampiamente insufficiente a giustificare l’entità dell’investimento.
Il combinato disposto delle incentivazioni e del risparmio dovuto al minor ricorso ai carburanti fossili (e a forme di approvvigionamento energetico quindi meno costose e più ecologiche) dà risultati economicamente più sostenibili con l’accorciarsi della filiera su cui si presta servizio: risultano ammortizzabili oggi gli investimenti fatti per le logistiche dell’ultimo miglio, caratterizzate da rotte più brevi e da soste più frequenti, e quindi meno esigenti dal punto di vista della autonomia energetica. Si tratta per la verità di una fetta di mercato molto rilevante, essendo circa l’80% dei vettori oggi impiegati per percorrenze non eccedenti i 350 Km giorno.
Stiamo parlando di rotte prevalentemente urbane, dedicate alle delivery del famigerato “ultimo miglio”. Per questo tipo di necessità sono necessari vettori piuttosto piccoli ed agili, quindi energicamente più efficienti. Le tecnologie attualmente disponibili consentirebbero a tali mezzi di non dover ricorrere a fermi per la ricarica della batteria durante il turno, e quindi di non aggravare i costi con ricariche rapide (più costose), di poter beneficiare di tariffe notturne per la ricarica lenta (massimizzando il risparmio derivante), e di non aggiungere ore uomo non previste e non operative per le ricariche in itinere.
Soluzioni di questo tipo risultano ammortizzabili, sebbene sul lungo periodo: si calcola in un ciclo di vita compreso tra i 9 e gli 11 anni il periodo necessario al riassorbimento economico dell’esborso per l’acquisto del mezzo. Periodo non trascurabile e non garantibile operativamente considerando il deperimento dovuto all’usura e la rapida obsolescenza delle batterie.
Per quanto riguarda il trasporto pesante su lunga tratta invece, oltre alla carenza di infrastrutture per la ricarica veloce dedicata, imprescindibili ad una diffusione su larga scala delle soluzioni comunque oggi esistenti, non è ipotizzabile l’assorbimento integrale del costo sostenuto per l’acquisto attraverso i benefici derivanti dall’utilizzo di mezzi elettrici.
Quelle ad oggi esistenti ed operanti sono soluzioni avanguardistiche destinate alla flagship di grandissimi operatori o ai settori a vario titolo pubblici o partecipati statalmente, senza trovare giustificazione economica. Il vero motivo per il loro utilizzo rappresenta la vocazione ecologica e sociale, e semmai il beneficio a livello di marketing conseguente al Green Washing.
Le soluzioni destinate all’autoproduzione energetica degli immobili (fotovoltaico, geotermico etc) sono soluzioni economicamente più sostenibili ed ammortizzabili sul lungo periodo, sebbene la loro implementazione sia molto onerosa e spesso insufficiente a coprire completamente l’esigenza energetica di complessi avanzati (basti pensare ai magazzini refrigerati e alla loro atavica energivoracità).
Criticità operative
Dal punto di vista operativo le perplessità riguardano il livello di performance conseguente all’implementazione delle soluzioni ecologicamente più sostenibili e si focalizzano in maniera importante sul settore trasporti.
Dal punto di vista del trasporto su strada il panorama oggi offre soluzioni che promettono di poter superare i 400 Km a stint (ovvero senza bisogno di soste per rifornire). Come anticipato, per tutte quelle necessità di trasporto che possono contenere l’impegno quotidiano senza necessità di ricarica in itinere, non esistono ad oggi perplessità di rilievo dal punto di vista operativo. Quelle superstiti riguardano la perdita di elasticità della propria logistica qualora si decidesse di passare ad una flotta elettrica, trovandosi quasi costretti a dedicarla a rotte brevi senza poterla adeguare ad eventuali mutate esigenze, anche episodiche.
Ovviamente l’impresa di passare ad una flotta elettrica può essere realizzata soltanto previa l’installazione di strutture per la ricarica nelle rimesse (e comunque la predisposizione e la mappatura di punti di ricarica emergenziali durante i percorsi), ma i vettori oggi esistenti, se perfettamente performanti, sono in grado di assolvere il compito.
Le perplessità, come accennato, aumentano considerando la perdita di prestazioni conseguenti all’usura delle batterie, e all’erosione dei km di autonomia reale di ogni mezzo derivante dal progressivo invecchiamento di una flotta integralmente elettrica (perplessità che per la verità si sommano ad altre di natura ecologia riguardanti la sostenibilità del futuro smaltimento di batterie esauste od obsolete derivante da un eventuale utilizzo massivo di soluzioni simili).
Per quanto riguarda il trasporto pesante su lunghe tratte ad oggi è praticamente impensabile ipotizzare la transizione integrale ad una variante più ecologica del GNL.
La necessità imprescindibile di ricariche ultrarapide in itinere può essere surrogata , perlomeno nel mondo della GDO, ottimizzando i fermi e le code fatte dagli operatori del settore per le operazioni di carico e scarico presso i centri di distribuzione, ma solo a patto che questi siano muniti di un numero sufficiente di spazi ed infrastrutture da adibire allo scopo. Tali soste sono spesso di durata consistente, anche di diverse ore, come lamentano gli operatori del settore, e se opportunamente codificate potrebbero essere destinate allo scopo.
A livello autostradale spazi e impianti attualmente esistenti non consentirebbero però la fruizione di tecnologie simili: le tecnologie relative sono troppe (ricariche elettriche, idrogeno…), troppo costose, e troppo scarsamente diffuse. Senza contare che l’ingombro generato dall’accumulo di mezzi in sosta non sarebbe logisticamente sostenibile negli spazi attualmente destinati a tali mezzi.
Una logistica più green presuppone anche l’incremento e l’incentivazione di modalità di trasporto intermodale, per liberare le strade dal traffico e per aumentare il chilometraggio effettuato da merci trasportate in maniera ecologicamente più sostenibile.
In ambito nazionale le potenzialità di ferrovie e porti sono notevoli vista la conformazione geografica del territorio, e grandi investimenti sono all’orizzonte per consentire un utilizzo maggiore di soluzioni di questo tipo nei prossimi anni: diversi sono i progetti e le sperimentazioni in atto presso gli interporti, che però risultano allo stato attuale insufficienti, poco efficacemente collegati alle altre vie di comunicazione e troppo poco performanti per rappresentare una alternativa valida e operativamente soddisfacente al trasporto su strada.