Gli indicatori di magazzino come base per il predimensionamento delle aree di stoccaggio
Nell’immaginario comune l’utilizzo dei KPI logistici, siano essi utilizzati per la misurazione della produttività, dell’utilizzazione delle strutture o per la misurazione del livello di servizio, ha una valenza legata al monitoraggio del funzionamento dei sistemi e dei processi logistici.
In particolare gli indici di utilizzazione, dato un certo magazzino o porzione di esso, permettono di capire, “ex post”, quanto è occupata quell’area; essi sono quindi utilizzati per stabilire, a struttura realizzata, quale sia il livello di riempimento di magazzino e come vengono sfruttati gli spazi, le superfici, i volumi ma anche le risorse quali per esempio i macchinari di movimentazione. L’obbiettivo è quello di valutare quanto le risorse vengono utilizzate, se siano sotto o sovradimensionate. In un’era in cui i costi di gestione internalizzati hanno impatti devastanti sui bilanci delle aziende, è fondamentale accorgersi se tutti gli investimenti fatti abbiano un ritorno commisurato al business che si sta perseguendo.
Il loro utilizzo diventa però strategico anche per le decisioni iniziali di scelta di strutture (magazzini fisici), impianti e scaffalature, sistemi di movimentazione (carrelli industriali e sistemi di trasporto interno).
Infatti la progettazione iniziale soprattutto dell’area di stoccaggio del magazzino, prevede la messa a sistema delle tre componenti fondamentali precedentemente citate:
- Il contenitore (lo spazio vero e proprio con la sua superficie disponibile e la sua altezza)
- Le scaffalature che rappresentano l’attrezzatura che si è deciso di avere
- I sistemi per la movimentazione, immissione e prelievo, nell’area di stoccaggio.
Ognuna delle tre componenti condiziona inevitabilmente la scelta delle altre due e tutte e tre, se ben studiate ed amalgamate garantiscono il raggiungimento di elevati valori di efficienza ed efficacia logistica.
Tornando agli indicatori di utilizzazione, possiamo affermare che l’analisi di alcuni di essi già dalla fase di progettazione, permette di comprendere se le tre componenti del sistema logistico siano realmente bene integrate ed amalgamate fra loro.
Il coefficiente di utilizzazione superficiale (CUS) e la potenzialità ricettiva (PR)
Uno degli indicatori che hanno una grande valenza già durante la progettazione è il Coefficiente di utilizzazione superficiale (CUS). Esso indica appunto quante unità di carico (in genere pallet) possono essere stoccate nell’unità di superficie in relazione a quella scelta combinata di spazi, altezza sotto trave dell’area, scaffalature scelte o da scegliere e, perché no, sistemi di movimentazione che si è deciso di acquistare. Infatti la scelta dei carrelli industriali condiziona per esempio la larghezza utile dei corridoi determinando un impatto (tutt’altro che positivo!) sull’utilizzazione superficiale.
Ma non solo; la scelta del tipo di scaffalature è determinante per garantire quante unità di carico, a parità di unità di superficie, si riesce a far stare in quel volume totale; una scaffalatura Drive in, con la sua struttura, i suoi spazi e corridoi di accesso determina un CUS assolutamente differente, per esempio, da una scaffalatura porta pallet tradizionale che ha una composizione strutturale e altezze di elevazione molto diverse. Le scaffalature condizionano anche la scelta dei carrelli elevatori i quali, come detto, a loro volta impattano sugli spazi non scaffalati (corridoi) necessariamente presenti per il corretto funzionamento del sistema.
In combinata poi con lo studio e l’analisi della potenzialità ricettiva dell’area di stoccaggio, il CUS permette già da subito di non avere sorprese in termini di saturazione delle aree di stoccaggio in progetto.
La potenzialità ricettiva di un’area di stoccaggio rappresenta la misura della sua capacità statica totale: quante unità di carico si riesce ad ospitare, in situazione di massima saturazione e nelle condizioni ideali di utilizzo dello spazio.
Quando si ha la possibilità di partire a progettare le aree ex novo, la potenzialità ricettiva è determinata dall’analisi delle esigenze quantitative di merce che sono manifestate dal mercato al quale si rivolgerà quel magazzino. Dallo studio ragionato delle richieste di unità di carico in un dato periodo, dall’analisi delle rotazioni di merce possibili, dallo studio dei picchi di stagionalità e dall’efficientamento delle attività logistico distributive è infatti possibile determinare la potenzialità ricettiva necessaria affinché si garantiscano efficienza ed efficacia del magazzino.
Va da sé quindi che la Potenzialità ricettiva è, in genere, un dato di input della delicatissima fase di progettazione delle aree di stoccaggio: essa arriva dall’esigenza che ha spinto a progettare quell’area.
A questo punto attraverso una banale formula si riesca a mettere in relazione la Potenzialità ricettiva (PR) e il coefficiente di utilizzazione superficiale (CUS) dell’area di stoccaggio.
Area di progetto= PR/CUS
Da qui si capisce come la scelta delle due componenti, scaffalature e sistemi di movimentazione, che definiscono il valore del CUS, condizionino, a doppia mandata, il valore dell’area di stoccaggio necessaria per poter assolvere al dato di input espresso attraverso la Potenzialità ricettiva.
Viceversa, stante quel valore di input e predeterminata l’area di stoccaggio che si riesce a realizzare in progetto, il CUS verrà fuori di conseguenza; per poterlo garantire quindi andranno progettate e scelte le altre due componenti del sistema: Scaffalature e sistemi di movimentazione.