Università e Logistica
La notizia è una non notizia: da qualche anno il corso di laurea magistrale in Ingegneria Civile Trasporti presso l'Università di Cagliari ha introdotto l'insegnamento di "Trasporti Merci e Logistica".
Detto così, non sembra molto originale: attualmente, in Italia, diversi corsi di laurea in ingegneria hanno degli insegnamenti sul tema relativo al trasporto merci e alla logistica; una non-notizia, appunto.
Dunque, dove sta la novità? Ne parliamo con uno dei docenti del corso, il prof. Gianfranco Fancello.
Prof. Fancello, grazie per aver accettato l'invito. Ci parli innanzitutto il suo corso.
Grazie a voi per avermi dato questa opportunità. Il corso di "Trasporti merci e Logistica" introdotto da qualche anno dal sottoscritto nel corso di Ingegneria Civile Trasporti della facoltà di Ingegneria di Cagliari presenta una struttura innovativa e differente rispetto al passato: una parte rilevante del corso (circa un terzo) affronta il tema della supply chain, con particolare riferimento alla sua struttura e alla sua organizzazione, alla descrizione dei flussi fisici ed immateriali, alle modalità di gestione dell'intera catena ed all'outsourcing.
Un'altra porzione rilevante riguarda la gestione dei terminal e dei nodi logistici (magazzini in particolare), la loro struttura, la descrizione dei costi, con particolare riferimento agli aspetti organizzativi e gestionali: una parte monografica è qui dedicata al tema del trasporto container e dall'organizzazione e struttura dei terminal portuali.
Un'ultima sezione del corso è infine dedicata agli aspetti tipicamente "ingegneristici", trattati secondo la tradizionale ripartizione dell'offerta (nodi di trasporto, mezzi, intermodalità, ect.) e della domanda (serie storiche, modelli, strumenti di previsione).
Alla fine del corso, all'interno di un laboratorio parallelo, vengono inviati alcuni testimonial privilegiati per raccontare la loro esperienza nel settore della logistica: quest'ultimo anno ho avuto come ospiti un docente di marketing, un amministratore di un terminal portuale, un esperto di gestione magazzini ed un professore di ricerca operativa.
Dunque quali sono gli elementi di innovazione presenti nel corso?
L'aspetto a parer mio maggiormente innovativo risiede nel fatto di aver introdotto temi e concetti tipici della gestione e del management aziendale all'interno di un corso di ingegneria civile: sono infatti convinto che la professione di un ingegnere trasportista sia in fase di profonda trasformazione, in quanto si sta passando da una figura professionale indirizzata verso la costruzione di opere (strade, porti, terminal, ferrovie, ect.) ad una specializzata soprattutto sulla gestione ed organizzazione di aziende di trasporto, di nodi e terminal, di sistemi in genere; ecco quindi perché, oggi, è necessario introdurre nei percorsi di formazione contenuti sistemici e trasversali, con particolare riferimento a quelli di tipo gestionale, che permettano di colmare un gap di conoscenze che i precedenti percorsi di laurea quasi sempre non fornivano.
Di fatto, sta nascendo una nuova figura professionale, a cavallo fra l'ingegnere trasportista civile e quello gestionale, capace di rispondere a nuove richieste che il mercato propone e che, quindi, l'Università deve essere in grado di recepire in modo repentino, definendo nuovi profili formativi ed aiutando i giovani a formarsi per essere pronti a proporsi all'esterno. Recentemente una mia giovane laureata (per l'appunto trasportista), che ha svolto la tesi proprio nel settore della logistica, durante un colloquio per un'assunzione che richiedeva un profilo con competenze in logistica (colloquio poi andato a buon fine), si è vista fare i complimenti dal responsabile risorse umane in quanto " ... non immaginavo che un ingegnere civile avesse queste competenze nella gestione di una supply chain...". Per me è stato come se mi avessero appuntato una medaglia sul petto!
Quali possono essere le opportunità lavorative per un laureato con queste competenze?
Per un ingegnere dei trasporti, tradizionalmente abituato a progettare e gestire infrastrutture, acquisire competenze di management relative a contesti aziendali, significa allargarne gli orizzonti e le prospettive di lavoro: queste possono riguardare innanzitutto il proprio campo dell'ingegneria civile, dove le competenze organizzative e di logistica possono essere facilmente riversate nei processi di management delle imprese di costruzioni, degli studi professionali o società di consulenza, delle industre del settore o anche nella sola elaborazione di un computo metrico estimativo per un progetto. La riforma del codice degli appalti (attualmente in fase di discussione) assegna inoltre un ruolo centrale alla fattibilità tecnica ed economica, per la quale sono appunto richieste specifiche e dettagliate competenze di natura gestionale.
L'altro grande scenario che in prospettiva si apre per gli ingegneri civili è quello del settore della logistica dei trasporti, settore tradizionalmente assegnato agli ingegneri gestionali ed in continua e costante crescita, che ha bisogno sempre più di figure professionali ad elevato grado di competenze e specializzazioni che possono essere ben coperte anche da un ingegnere specializzato in trasporti con competenze in logistica: ciò consentirebbe di associare le conoscenze tecniche su mezzi, sistemi ed infrastrutture, a quelle nuove su organizzazione e gestione, generando così elevate competenze in entrambi i settori.
Quindi stiamo assistendo ad un cambiamento della professione di ingegnere, da super specialista a tecnico con competenze sempre più trasversali. E' un bene o c'è un rovescio della medaglia?
Partiamo dal concetto che le dinamiche del mondo del lavoro sono uno dei motori che fa evolvere la società: si creano nuove professioni, altre spariscono, altre ancora si trasformano. Detto questo, da qualche anno si assiste, anche a causa della crisi che ha investito il settore, ad una trasformazione della professione di ingegnere, soprattutto quello di derivazione civile, la cui contrazione di risorse finanziarie ha portato ad occuparsi più che di costruzione di nuove opere e servizi, alla gestione, riutilizzo ed ottimizzazione di quelle esistenti. Questo sicuramente è un bene in quanto aumenta le opportunità di lavoro per i giovani e la base di ricerca per le aziende, nel momento in cui intendono ampliare la loro piattaforma di ricerca di personale: poiché ritengo che l'approccio sistemico sia alla base del funzionamento di sistemi complessi, quali sono le supply chain ed in generale i sistemi di tipo logistico, avere conoscenze di natura trasversale è sicuramente un aspetto molto positivo, che genera qualità e competenze.
Allo stesso tempo, però, è necessario mantenere i piedi per terra per evitare di creare facili illusioni: avere competenze trasversali non significa conoscere di tutto un po' con un minor livello di approfondimento e un maggior grado di superficialità; significa, al contrario, aumentare la quantità di conoscenza, ampliare il proprio bagaglio tecnico-professionale, senza svilire quello esistente. In sintesi bisogna studiare di più, lavorare di più, conoscere più cose, tutte con lo stesso livello di approfondimento: avere competenze trasversali è faticoso, molto faticoso.
Quali vantaggi, diretti e indiretti, possono generarsi per il comparto della logistica da questo cambiamento?
Il principale vantaggio è quello di disporre di competenze specifiche tipiche dell'ingegneria dei trasporti che possono essere fondamentali nella progettazione, organizzazione e gestione delle supply chain. Per esempio, quando si pianifica un nuovo nodo logistico (sia esso magazzino, piattaforma, o altro) avere strette competenze nel campo dell'ingegneria civile, dell'urbanistica e dell'edilizia, consente di affrontare il tema con una visione più ampia ed allargata, analizzando problemi ed alternative che un approccio classico non avrebbe consentito neppure di individuare; analogamente avere strette competenze nel campo della tecnica dei trasporti e dei veicoli, consente di pianificare al meglio la gestione delle flotte, la definizione dei percorsi, l'organizzazione del routing, ect.
Si vedono prima i problemi, ci si accorge prima degli intoppi, si vedono meglio gli obiettivi, si individuano per tempo le soluzioni, si valutano correttamente i risultati.
Dal suo punto di vista, quali vantaggi possono nascere da una stretta collaborazione fra università e mondo delle aziende?
E' oramai evidente il fatto che parte della competitività delle aziende passi per processi di ricerca e sviluppo che si attuano attraverso una stretta sinergia fra il mondo aziendale e quello della ricerca e dell'Università, luogo deputato per le attività di ricerca di base ed applicata. I vantaggi sono evidenti e noti a tutti, ma l'occasione è troppo ghiotta per non ripeterli: se azienda ed Università pianificano assieme una linea di ricerca, definiscono insieme obiettivi, metodologie, risultati da conseguire; i ricercatori seguono un percorso di sviluppo fin dall'avvio, che poi possono facilmente riversare in azienda proprio perché ne conoscono la genesi; la stessa azienda può seguire passo passo le attività di ricerca, per capire lo sviluppo del processo (o prodotto) ed immaginare, al meglio, già da subito i modelli di produzione, distributivi, commerciali, ect.
Dal canto suo l'Università, stando a fianco dell'azienda, comprende da subito l'applicabilità delle proprie teorie di ricerca, ne valuta l'affidabilità e la capacità di diffusione, ne misura l'impatto. Ed il Paese cresce...