Perché il packaging standard è diventato un limite per la logistica moderna
Nella logistica contemporanea l’overpackaging non può più essere considerato un effetto collaterale, ma il risultato diretto di un modello industriale che non risponde più alle dinamiche del mercato. L’uso di imballaggi standardizzati, pensati per semplificare i processi, oggi rappresenta uno dei principali fattori di inefficienza operativa, economica e ambientale lungo l’intera supply chain.
Scatole sovradimensionate, volumi inutilizzati ed eccessivi materiali di riempimento non sono anomalie occasionali: sono la conseguenza diretta di un sistema di packaging progettato per adattarsi ai limiti industriali, anziché alle reali dimensioni dei prodotti.
L’origine dell’inefficienza: spedire senza misurare
Il packaging standard nasce storicamente per rispondere a esigenze produttive e non logistiche. Produrre, stoccare e utilizzare un numero limitato di formati ha permesso per anni di ridurre la complessità industriale, ma ha trasferito il problema a valle, lungo i flussi di magazzino e trasporto.
In un contesto caratterizzato da migliaia di SKU, prodotti irregolari e ordini sempre più frammentati, l’imballaggio standard non “ottimizza”: approssima. E ogni approssimazione genera spazio vuoto.
Questo spazio vuoto non è neutro. È volume da movimentare, da stoccare, da trasportare e da smaltire.
È un costo che si accumula spedizione dopo spedizione e che raramente viene attribuito in modo puntuale.
Un pacco più grande del necessario altera l’efficienza di tutta la catena. In magazzino occupa più spazio a scaffale e rallenta le operazioni di imballaggio. Nel trasporto riduce la saturazione dei pallet e dei mezzi. Nell’ultimo miglio aumenta il numero di viaggi necessari per consegnare lo stesso volume di merce.
Il risultato è una logistica che consuma più risorse per ottenere lo stesso output.
Secondo diverse analisi di settore, una quota rilevante delle spedizioni e-commerce presenta percentuali di spazio vuoto superiori al 40%. Questo significa che una parte significativa dei costi logistici globali è legata al trasporto di aria.
“L’overpackaging non è un problema di sostenibilità isolato. È un problema di efficienza industriale. Ogni centimetro cubo inutilizzato rappresenta una perdita che si ripete su scala industriale”. Spiega Arianna Sofia Cerri, New Business Developer di Voidless.
Quando il packaging diventa un problema reputazionale
Oltre agli impatti operativi, l’overpackaging ha assunto una dimensione reputazionale sempre più rilevante. I consumatori riconoscono immediatamente una scatola sovradimensionata e la associano a spreco, inefficienza e scarsa attenzione all’ambiente.
Nel canale e-commerce, l’imballaggio è spesso il primo contatto fisico tra brand e cliente. Un’esperienza di unboxing negativa, caratterizzata da volumi inutili e materiali superflui, mina la percezione di valore del prodotto e dell’azienda.
In questo contesto, continuare a utilizzare packaging standardizzati non è più una scelta neutra, ma una decisione che incide direttamente sull’immagine del brand.
Superare lo standard: il packaging on demand
In risposta a questi limiti strutturali, stanno emergendo soluzioni che ribaltano l’approccio tradizionale. Il packaging on demand elimina il concetto stesso di formato standard, producendo l’imballaggio direttamente in funzione delle dimensioni reali del prodotto all’interno dei magazzini logistici.
Voidless si colloca in questo scenario con una tecnologia industriale che consente di realizzare scatole su misura, integrandosi nei flussi logistici ed eliminando lo spazio vuoto all’interno dei pacchi.
Superando la logica dei formati predefiniti, l’imballaggio viene generato in funzione delle dimensioni reali del prodotto, con un impatto diretto su volumi movimentati, materiali utilizzati e performance operative.
Questo approccio consente di:
- ridurre il volume complessivo spedito;
- eliminare i materiali di riempimento;
- aumentare la saturazione di pallet e mezzi;
- rendere più prevedibili tempi e costi del processo di imballaggio.
Dal packaging come compromesso al packaging come leva industriale
“Il vero cambiamento è culturale”, conclude Arianna Sofia Cerri. “Finché il packaging viene visto come un compromesso necessario, l’overpackaging continuerà a esistere. Quando invece diventa una leva progettuale, è possibile eliminare lo spreco alla radice”.
In un contesto in cui costi logistici, sostenibilità e reputazione sono sempre più interconnessi, il superamento del packaging standard rappresenta una delle evoluzioni più rilevanti per la logistica del futuro.
Non si tratta più di scegliere la scatola meno sbagliata, ma di produrre quella giusta.

