Reverse Logistics: un’opportunità di mercato ecosostenibile
Di Federico Ciaccasassi
Tutti i maggiori esperti di logistica e supply chain sono concordi nell'affermare che la migliore definizione di reverse logistics sia quella data dall'European Working Group (Revlog), secondo cui si tratta del "processo di pianificazione, implementazione e controllo di flussi di materiali grezzi, semilavorati e prodotti finiti dalla produzione, dalla distribuzione e dal cliente finale al punto di recupero o al punto di raccolta e distribuzione".
Da questa definizione emerge che la logistica inversa si contrappone alla logistica in senso stretto, in quanto prende vita dall'end of life di un prodotto, ossia dal suo fine ciclo.
Ma qual è il motivo per cui un bene dovrebbe seguire questo percorso per essere ripreso in carico da chi lo ha venduto o addirittura da colui che lo ha fabbricato?
Le cause principali sono due, la prima va ricondotta alla categoria dei resi (commerciali o tecnici), mentre la seconda viene attribuita al processo di rigenerazione del prodotto.
RESI
Per reso s'intende qualsiasi bene di cui l'acquirente ha espresso la volontà di voler restituire al fornitore a causa di una delle seguenti motivazioni:
- Non conformità (errate ordinazioni, errate spedizioni, errori d'etichettatura, errori di catalogo etc.)
- Difettosità (il prodotto presenta problemi imputabili al fornitore non legati a cause di trasporto. Sono comprese in questa categoria anche le campagne di richiamo)
- Danno da trasporto (la merce presenta segni di danneggiamento causati dalla movimentazione e dal trasporto).
Tutti i casi sopra descritti oltre a rappresentare un costo per l'azienda, in quanto il rientro di materiale venduto va contro i principi di ottimizzazione dei processi che questa persegue, sono sintomo di inefficienza nei confronti del cliente che può portare a perdita di fatturato derivante della sua disaffezione.
I resi devono essere costantemente monitorati tramite degli appositi kpi al fine di analizzare la loro causa e mettere in atto apposite strategie di contenimento.
RIGENERATI
L'attività di remanufactured, cioè di ricondizionamento, è sicuramente quella in cui meglio si percepiscono i vantaggi della logistica inversa in termini di nuove opportunità commerciali e al tempo stesso di sostenibilità ambientale. Essa consiste nel recupero del bene arrivato al suo fine ciclo o di componenti dello stesso, da parte dei centri di raccolta o più semplicemente dall'azienda produttrice, al fine di essere assemblato, rilavorato e rimmesso sul mercato.
In questo percorso assume notevole importanza il tracking del flusso di ritorno e della composizione dei materiali, che ha lo scopo di ottimizzare il processo abbattendo i costi di gestione ad esso connessi.
Tra questi ha un ruolo decisivo la diminuzione dei costi di approvvigionamento ed in particolare quello del consumo di materie prime.
Ridando nuova vita al prodotto, che altrimenti andrebbe smaltito con tutte le problematiche che ne conseguono, si contribuisce in maniera evidente alla riduzione dei rifiuti, al risparmio di energia e si limita la produzione di anidride carbonica. Il tutto in armonia con quanto disciplinato dal d.lgs del 3 aprile 2006 n. 152 meglio conosciuto come "Testo Unico Ambientale" e successive modifiche.
Un minor costo corrisponde ovviamente ad una maggiore competitività nel prezzo di vendita, che porta ad avere da parte dell'utente finale mediamente un risparmio del 40% rispetto all'acquisto di un prodotto non rigenerato.
Il venditore sarà così in grado di offrire alla sua clientela un bene a basso costo avente la stessa qualità del nuovo.
LA REVERSE LOGISTICS NEL SETTORE AUTOMOTIVE AFTERSALES
Tra i tanti settori dove è stato possibile adottare soluzioni di logistica inversa, quello del post vendita nell'ambito automotive ci permette di comprendere al meglio come avviene il suo funzionamento.
Alla base di tutto vi è la convinzione che sebbene abbiano percorso innumerevoli chilometri, i componenti della vettura sono sempre utili, tant'è che dallo smontaggio di un componente usato è possibile realizzare un prodotto rigenerato con qualità equivalente ad uno nuovo.
Sebbene le famiglie di prodotto rigenerate siano numerose ovviamente non coprono l'intera categoria merceologica. In particolare troviamo ricondizionati tra i motori, cambi, parti elettriche (centraline, motorini, scatole sterzo, servosterzo etc.), turbocompressori, impianto frenante (pinze e pompe), pneumatici etc.
Il ricambio usurato, sostituito sulla vettura da parte dell'officina meccanica, viene restituito al grossista che svolge l'attività di centro di raccolta, oppure direttamente al produttore se tra i due vi è un contatto diretto.
Per far si che il ricambio segua obbligatoriamente questo flusso e vi sia una continuità nel processo, la non restituzione dello stesso comporta l'addebito di una penale.
Una volta che la carcassa, questo il termine che indica il prodotto smontato, raggiunge il produttore ha inizio la lavorazione.
Questa consiste nello smontaggio, pulizia del ricambio, verifica dei componenti recuperabili ed infine nell'assemblaggio a cui seguirà un test di collaudo finale del prodotto.
Lavorazione che, vista la domanda crescente, se fino a qualche anno fa veniva svolta da aziende artigiane, ora è divenuta propria delle grandi case automobilistiche a cui si sono affiancate, in una sorta di mercato equivalente, diverse aziende indipendenti.