L’evoluzione del ruolo della logistica inversa.
Il concetto di logistica inversa (o reverse logistic) ha subito negli ultimi anni una notevole evoluzione. Adattando la definizione di logistica fornita del Council of logistic management, la logistica inversa può essere definita come il processo di pianificazione, implementazione e controllo dell'efficienza (da un punto di vista di costi delle materie prime, gestione del prodotto finito e relative informazioni) dal luogo di consumo del prodotto al suo punto di origine, con lo scopo di recuperare il valore del prodotto o di eseguire appropriatamente lo smaltimento dei materiali.
Da questa definizione appaiono subito evidenti due considerazioni: innanzitutto come il concetto di reverse logistic si sia ampliato negli ultimi anni; dalla semplice gestione del reso da cliente per motivi qualitativi si è progressivamente passati ad includere in maniera strutturale le attività di smaltimento, di gestione dei rifiuti ed il recupero dei materiali esausti. In secondo luogo dalla definizione sopra fornita, è evidente come la logistica inversa impatti la gestione aziendale da molteplici punti di vista:
- innanzitutto la prospettiva fisica (la più evidente) legata al trasporto ed alla ricezione dei materiali nel flusso "reverse"; i materiali resi devono infatti essere gestiti in stock in maniera appropriata (segregazione, identificazione, movimentazione interna per ri-lavorazioni,...);
- prospettiva di "qualità" per eventuale valutazioni del reso e successive azioni. A seguito della valutazione qualitativa, il materiale reso potrebbe essere re-immesso nei canali di vendita come materiale vendibile, in alternativa essere oggetto di una rilavorazione o, terza opzione, sclassificato a seconda scelta o addirittura "bad quality";
- la prospettiva che traduce tutte le opzioni ed attività sopra delineate è quella finanziaria: ad ogni registrazione di reso da cliente scatta l'accredito allo stesso derivante dallo storno del flusso originale, così come ad una classifica di prodotti segue una perdita del valore del magazzino; inoltre il flusso inverso ha dei costi gestionali propri (trasporto ed immagazzinaggio, costi di qualità,....);
- la prospettiva ambientale, derivante da una crescente importanza delle tematiche e della sensibilità ambientalista;
- infine, una prospettiva di "immagine" o "reputation" dell'azienda: la gestione in maniera trasparente del flusso di reso e smaltimento rifiuti è ormai una caratteristica imprescindibile agli occhi di clientele sempre più green oriented.
Appare quindi chiaro dalle prospettive sopra elencate, come gli impatti della logistica inversa siano numerosi, gli attori molteplici ed i rischi potenziali associati a questo flusso siano variegati e per nulla trascurabili:
- costi ed inefficienze per le gestione dei trasporti di inboud da cliente;
- rischi, in caso di non perfetta segregazione dello stock di commistione di materiale buono con materiale da ispezionare o non più vendibili (con conseguenti ulteriori resi da altri clienti);
- inefficienze dovute a mancate sinergie tra logistica inversa e logistica diretta;
- sanzioni pecuniarie nel caso di azioni non aderenti alla regolamentazione ambientale;
- infine possibili danni di immagine, spesso impossibili da quantificare, verso specifici clienti (si immagini lo scenario di spedizione ad un cliente di merce resa da un altro e non di buona qualità) o verso tutto il mercato (ad esempio nel caso di sanzioni per danni ambientali).
Nell'immagine 1 si riassume graficamente il flusso di reverse logistic e, nella tabella sotto riportata, le differenti prospettive/rischi con cui lo stesso flusso deve essere analizzato.
Immagine 1. Prospettive e rischi della logistica inversa.
I rischi sopra delineati spingono quindi ad una considerazione fondamentale: ogni supply chain deve essere "settata" in maniera adeguata a supportare in modo efficiente ed efficace il processo di reverse logistic. Concretamente, questo significa:
- dotare la propria rede di adeguate infrastrutture per gestire al meglio il flusso fisico: il reso non può essere considerato come una "eccezione" da gestire come emergenza ma come una attività strutturale e procedurizzata;
- ottimizzare al meglio i flussi di spedizione prodotto finito con i possibili flussi inversi, in modo da ottimizzare i costi;
- ipotizzare partnership più o meno "spinte" con chi si occupa di attività di smaltimento: per una azienda manifatturiera lo smaltimento non può essere assolutamente classificata come attività "core" ma racchiude molte insidie" e rischi legate alle regolamentazioni, pertanto la strada della gestione all'esterno con uno o più partner sembra quella più conveniente;
- gestire il flusso delle informazioni in maniera completa e tracciata per due ordini di motivi: innanzitutto perché negli errori di processo (spesso alla base di un reso) si racchiudono sempre informazioni molto preziose per prevenire futuri errori, ma solo se tracciate in maniera adeguata queste possono essere utilizzate; in secondo luogo, il flusso di informazioni deve essere robusto e consistente per poter trarre eventuali conclusioni in un'ottica di profittabilità di prodotto/cliente/ canale distributivo: qualora flussi di resi si verifichino con particolare frequenza su alcuni clienti/prodotti/canali è fondamentale che le informazioni vengano riflesse nell'analisi di profittabilità di quello specifico cliente/prodotto/canale;
- studiare ed implementare un flusso di autorizzazione del reso che deve dimostrarsi rigido al punto giusto, da un lato per garantirsi un controllo interno adeguato (ogni reso infatti fa scaturire note credito e quindi deve essere oggetto di controlli tanto quanto un flusso di spedizione), ma dall'altro non eccessivamente rigido da bloccare l'esecuzione del reso (gravando ulteriormente su di un cliente già oggetto di una inefficienza);
- spostandoci a "monte" della supply chain, anche il product design deve considerare i risvolti della reverse logistic, soprattutto nel caso in cui vengano utilizzati materiali pericolosi o particolarmente inquinanti.
In conclusione, il concetto di reverse logistic è stato oggetto di una rapida evoluzione nel corso degli ultimi anni allargando progressivamente la sua area di azione: ma quali sono i motivi alla base di questo processo?
Questi possono essere schematizzati in 3 categorie. Innanzitutto la crescente sensibilità della clientela verso le tematiche ambientale: le aziende devono strutturarsi in modo da garantire sempre più il riutilizzo dei materiali, i servizi del ritiro dell'obsoleto ed il conseguente smaltimento; oltre a strutturare la propria rete in modo da garantire questi servizi è anche fondamentale che le aziende comunichino e mostrino alla clientela i servizi come prova della loro sensibilità ambientale.
In secondo luogo, la crescita del canale di vendita e-commerce ha comportato un più che proporzionale aumento di rilevanza strategica della reverse logistic: tra i servizi sempre più offerti, vi è infatti la possibilità di reso del prodotto anche qualora non vi siano evidenti problemi di qualità. Lo sviluppo di questo servizio può essere interpretato come una strategia volta a colmare il naturale gap tra canale fisico ed e-commerce: il primo ha un naturale vantaggio nella possibilità di visionare e "toccare" la merce prima dell'acquisto e con la possibilità di rendere la merce dopo averla visionata, non procedendo all'acquisto, si tende a colmare questo gap.
Infine, si consideri come i social network abbiano amplificato enormemente i rischi associati alla reputation: possibili danni di immagine dovuti a cattiva reputazione o scarsa qualità del prodotto sono ora potenzialmente amplificati in maniera esponenziale in pochi secondi tramite i social network; di conseguenza le aziende devono investire per poter minimizzare o azzerare questi rischi e l'allargamento dei confini della reverse logistic può essere interpretato come una azione strategica volta a minimizzare i potenziali rischi di reputazione ambientale o di bassa soddisfazione della clientela.