Ransomware
C’è una linea tutt’altro che sottile che accomuna il Covid2019 al cosiddetto “ransomware”, un programma informatico dannoso che alimenta il contagio digitale.
Il primo riporta ad un nemico invisibile in grado di deteriorare la salute dell’uomo in modo qualche volta irreversibile, il secondo svolge un ruolo parimenti nocivo a livello informatico.
Un virus che rischia di infettare gli umani prevede come prima forma di salvaguardia la prudenza, mentalità che deve essere adottata anche a tutela del proprio patrimonio di documenti digitali.
L’alter ego del lavaggio e disinfezione delle mani è l’assoluta cura di ogni messaggio ricevuto; nel mondo informatico il malanno innestato blocca i contenuti e richiede un riscatto economico per “liberarli”.
È necessario evitare l’apertura di messaggi, allegati, software provenienti da soggetti sconosciuti o sospetti; è bene ribadire che le precauzioni sono fondamentali in quanto ogni dispositivo può essere contagioso per gli altri.
Ormai uomini e macchine seguono percorsi analoghi; spesso a livello tecnologico non accade altro che il perpetuarsi di quanto accade alle persone.
Da questo punto di vista ripetere regole cautelative può essere utile sotto molteplici aspetti.
Se per il covid abbiamo cercato di parare i colpi attraverso medicinali mirati e successivamente col vaccino, per scongiurare la diffusione e contaminazione maligna di programmi creati a tale scopo, abbiamo l’opportunità di giocare d’anticipo installando antivirus con estensioni anti-malware.
Per il resto vale ancora l’antica retorica: prevenire è meglio che curare.