Rivoluzione in corso nel trasporto di container via mare
Il 2016 sarà ricordato come un anno rivoluzionario per l’industria del trasporto marittimo containerizzato. Uno dei più importanti operatori attivi in Italia, Augusto Cosulich, amministratore delegato dell’agenzia marittima Fratelli Cosulich che è agente della compagnia di navigazione Coscocs, pochi giorni fa ha detto: «Nella mia carriera non ho mai visto 8 mesi come quelli appena trascorsi nel 2016, con fusioni importanti fra compagnie di navigazione e un fallimento di grandi dimensioni come è stato quello di Hanjin avvenuto dalla sera alla mattina».
Nel corso di quest’anno, oltre alla bancarotta della compagnia di navigazione sudcoreana, si è assistito alla fusione fra Cosco e China Shipping, all’annunciata aggregazione fra le giapponesi Nyk, K-Line e Mol ed entro fine anno sarà portato a termine anche il merger fra Hapag Lloyd e Uasc. Il processo di M&A sempre più evidente nel business del trasporto marittimo containerizzato è stato accolto come una buona notizia praticamente da tutti gli stakeholder di mercato ma da sola non basta a creare facili illusioni su una ripresa a breve dei noli che rimangono depressi per l’eccesso di stiva disponibile.
Lars Jansen, analista della società danese SeaIntelligence Consulting, ha evidenziato che questa fusione a tre mette la nuova realtà armatoriale giapponese in condizione di giocarsela alla pari con Hapag Lloyd (come detto prossima alla fusione con UASC) e con China Cosco Shipping (frutto della fusione fra Cosco e China Shipping) sul mercato dello shipping mondiale. «È un gioco dove contano solo l’economie di scala» ha aggiunto Jansen, precisando che «questo trend aumenta la pressione sulle rimanenti compagnie di navigazione di taglia media come Hamburg Süd, Hyundai Merchant Marine, Yang Ming e OOCL». Secondo l’esperto nel 2020 il mercato sarà in mano a non più di 6 o al massimo 8 global carrier.
Jens Lund, direttore finanziario del colosso spedizionieristico DSV, a proposito delle ultime operazioni di fusioni e acquisizioni ha sottolineato invece che «queste azioni potranno anche innescare brevi rialzi dei noli ma non risolveranno i problemi strutturali del mercato. C’è un eccesso di offerta di stiva rispetto alla domanda di trasporto e né i fallimenti né le fusioni rimuoveranno dal mercato le portacontainer che sono in circolazione che di fatto cambieranno solo proprietario».
Ogni giorno che passa il business del trasporto via mare di container riceve notizie sempre meno confortanti sul suo futuro a breve termine. Recentemente la compagnia giapponese Nyk Line ha preannunciato svalutazioni finanziarie sulla propria flotta di navi per 972 milioni di dollari, con conseguente perdita prevista pari a circa 1,9 miliardi di dollari nella prossima semestrale. Prima di Nyk anche gli altri carrier nipponici Mol e K-Line avevano aggiornato a bilancio il valore attuale delle proprie navi mentre tutte le altre primarie compagnie di navigazione ad oggi non lo hanno ancora fatto. Per capire la portata di questa azione basta considerare che, secondo la società di ricerca Alphaliner, se tutti i primi 18 vettori marittimi mondiali del business container procedessero a effettuare le stesse svalutazioni attuate da Nyk si avrebbe un write off (aggiornamento al ribasso) del valore delle flotte pari a complessivi 35 miliardi di dollari. La prima della classe, la danese Maersk Line, da sola dovrebbe apportare svalutazioni per 6 miliardi di dollari.
I segnali che arrivano dalle ultime trimestrali delle compagnie di navigazione sono preoccupanti: sempre secondo le analisi di Alphaliner e di Drewry i margini operativi di guadagno sono negativi per tutti i vettori marittimi. L’unica società che quest’anno ha guadagnato soldi trasportando via mare container è stata la taiwanese Wan Hai Lines che opera su rotte Asia - Americhe e Asia – Medio Oriente.
Secondo i dati riportati nei bilanci d’esercizio 2015 solo cinque aziende (tra cui Oocl e Cma-Cgm) possono considerarsi fuori pericolo di bancarotta.
In questo desolante quadro di mercato, l’unica buona notizia è quella relativa all’elevato ritmo di demolizione delle navi portacontainer che a fine 2016 raggiungerà probabilmente i 670.000 Teu, tre volte di più dei numeri visti nel 2015 (185.000 Teu) e ben di più rispetto al precedente anno record 2013 (427.000 Teu). Secondo la società di brokeraggio tedesca Braemar ACM a inizio ottobre erano 147 le navi portacontainer avviate a demolizione nel corso di quest’anno, pari a una capacità di stiva di 507.000 TEU e corrispondenti a circa il 3,4% della flotta globale. Uno sforzo parzialmente vanificato dalle nuove costruzioni in consegna dai cantieri navali asiatici, perché alla fine di quest’anno sarà entrata nuova capacità di stiva sul mercato pari a 1,1 milioni di Teu. La crescita netta della stiva mondiale per il trasporto marittimo di container crescerà dunque del 2,2% nel 2016, dopo che già nel 2015 era cresciuta del 8% e dovrebbe aumentare del 5% anche nel 2017. Sempre secondo la società di brokeraggio tedesca, attualmente una quota compresa fra il 5% e il 6% della flotta portacontainer mondiale è in disarmo e questa percentuale dovrebbe rimanere stabile.
Come se non bastasse negli ultimi giorni è emersa la notizia che Maersk Line potrebbe essere la prima compagnia ad abbattere il muro dei 20.000 Teu di capacità su una nave portacontainer. Lo rileva la società di ricerca Alphaliner secondo la quale il vettore marittimo danese avrebbe apportato alcune modifiche al progetto originario della seconda generazione di navi EEE in costruzione al cantiere sudcoreano Daewoo incrementandone la portata dagli originari 19.630 Teu. Alcune immagini fotografiche della prima unità prevista in consegna la prossima primavera (Maersk Madrid) confermerebbero che, pur mantenendo le stesse dimensioni dello scafo, queste portacontainer avrebbero modificato la stiva per trasportare qualche centinaio in più di container. I primato attuale spetta a quattro navi di Msc da 19.224 Teu. La corsa al gigantismo navale (e all’eccesso di stiva) forse non sembra essere ancora finita.