Il vertical farming è il futuro della logistica alimentare?
La logistica alimentare è indubbiamente un settore di crescente importanza, la cui centralità è emersa mediaticamente nel pieno della pandemia e la cui attualità è a tutt’oggi dirompente anche (e non solo) alla luce delle diverse crisi che influenzano geopoliticamente i mercati agroalimentari e le rotte di approvvigionamento globali.
Il settore è sottoposto a rigide regolamentazioni sia in termini di requisiti igienico\sanitari sia dal punto di vista della sicurezza delle merci movimentate e stoccate, degli operatori coinvolti nell’attività, e degli ambienti in cui viene svolta.
La conservazione alimentare è un’attività estremamente energivora, in quanto richiede l’allestimento di ampi spazi a temperatura controllata, nei quali tra l’altro è implicito e necessario un intenso traffico in entrata ed in uscita (visto il rapido tasso di deperimento della merce e la frequenza dei cicli di approvvigionamento che la riguardano).
Queste caratteristiche, oltre alla necessità di un servizio qualitativamente crescente destinato ad una platea sempre più ampia ed esigente (in termini di frequenza, puntualità e personalizzazione del recapito), determinano sia l’incremento dei costi di esercizio delle attività correlate, sia l’evoluzione strategica di un settore per natura in continuo mutamento.
Gli ultimi anni hanno visto deflagrare una vasta gamma di novità che hanno investito il settore, spinte dalla crescente digitalizzazione e dalle insorgenti crisi globali che ne hanno intercettato la traiettoria: Green logistic, decarbonizzazione della filiera, E-commerce, Home Delivery, Drive Through, il potenziamento dell’ultimo miglio… Tutte priorità emergenti sulla spinta della trasformazione digitale e da crisi derivanti da fattori macroscopici, spesso del tutto esulanti l’ambito agroalimentare, ma in grado di condizionarne il mercato proprio alla luce della pressione che esercitano sulle relative Supply Chain sia a livello globale che locale.
Per adeguarsi ad esso il mercato ha adottato diverse strategie, la maggior parte delle quali sono riconducibili a tre trend fondamentali:
1 - La filiera corta
Tendenza in corso di sviluppo già da prima della pandemia, la logistica a “filiera corta” (o a Km 0) ha lo scopo principale di fornire il più velocemente possibile il consumatore finale, e si rivela molto calzante con le necessità di distribuzione dei prodotti freschi e freschissimi e dell’ortofrutticolo.
Lo scopo è quello di favorire un recapito tempestivo della merce saltando alcune costose fasi del percorso di movimentazione, stoccaggio e vendita della merce.
Esistono varie declinazioni di questa filosofia, più o meno confacenti lo spirito sociale con il quale è sorta, ma tutte raggiungono l’obiettivo di un recapito più rapido della merce al consumatore e del taglio di alcune fasi costose, inquinanti e lesive della qualità della merce distribuita: si va dalle vendite dirette in azienda, alle catene distributive digitali di merci prodotte in prossimità, dai cosiddetti GAS (Gruppi di Acquisto Solidali), alle filiere corte della grande distribuzione, fondate su dinamiche di preparazione in cross docking presso i centri di distribuzione.
Il modello si rivela particolarmente green in quanto non solo è in grado di favorire contestualmente il mercato locale e la tutela alimentare, ma contribuisce in maniera determinante all’abbattimento dei costi e dell’impatto ambientale dei trasporti di lunga percorrenza, dello stoccaggio e del mantenimento della catena del freddo, riducendo il fabbisogno energetico derivante dall’attività.
2 - Il darkstore
Derivazione diretta dell’esplosione del fenomeno E-commerce, il concetto di Dark Store si rivela particolarmente adatto a fronteggiare le nuove necessità emergenti nell’ambito dell’ultimo miglio agroalimentare, rappresentando di fatto il modello di un supermercato “virtuale”: chiuso al pubblico e senza clienti, all’interno di questo spazio operano solo dipendenti e veicoli destinati alla movimentazione della merce allocata, preparando gli ordini che giungono digitalmente e destinati al recapito domiciliare, che si intende essere il più tempestivo possibile.
All’interno di questo modello, anche la disposizione degli articoli risulta più efficiente, non essendo definita per ottemperare a logiche commerciali, ma privilegiando gli aspetti funzionali e logistici, consentendo conseguentemente di sfruttare in maniera più proficua gli spazi impiegati.
La loro ubicazione ideale è in prossimità dei grandi centri urbani, viste l’elevata propensione all’asservimento delle insorgenti esigenze nell’ambito dell’ultimo miglio e della home delivery.
I principali vantaggi derivanti dall’adozione di questo modello sono appunto una maggiore prossimità con gli utenti da servire, operazioni di picking più efficienti in virtù della sola vocazione distributiva degli ambienti utilizzati, e la possibilità di operare in cicli operativi ininterrotti, non essendo regolati da orari commerciali.
3 - Il vertical farming
Il vertical farming rappresenta in un certo senso una crasi dei due concetti precedenti: ingloba in sé la natura estremamente votata all’operatività dei darkstore, e l’accorciamento estremo della filiera, declinato in una direzione nuova.
Letteralmente la locuzione indica l’allestimento di colture sviluppate verticalmente, in magazzini automatizzati destinati contestualmente sia alla produzione, sia alla distribuzione della merce coltivata.
L’adozione di un modello simile comporta numerosi vantaggi sia in termini ambientali che economici. L’agricoltura verticale, rispetto ai modelli precedenti, ha una deriva meno orientata agli aspetti distributivi, ma è in grado di consentire vantaggi competitivi alle aziende che la utilizzano che sono comunque riconducibili ad efficientamenti di tipo logistico.
Intanto consente la coltivazione di più prodotti con l’impiego di meno superficie, approfittando dello sviluppo verticale degli spazi ad essa destinati, riducendo l’impatto ambientale delle attività di produzione agricola e consentendo supply chain più brevi e più a ridosso degli utenti da servire (riducendo quindi anche le emissioni derivanti dal trasporto delle merci prodotte).
Consente inoltre una gestione molto più efficiente di tutte le risorse investite nella produzione a cominciare dall’acqua utilizzata per l’irrigazione, della terra necessaria alla coltivazione, e dei pesticidi e degli altri agenti inquinanti utilizzati nei cicli di produzione.
La filiera si accorcia da un nuovo punto di vista in questa declinazione, riducendo (per la verità annullando) lo spazio che esiste tra il produttore ed il distributore, riuscendo quindi a ridurre comunque la distanza con l’utente finale, seppure (e questo è un grande vantaggio) in maniera non percepibile per quest’ultimo.
Rappresenta l’estrema sublimazione delle necessità logistiche, di quelle ambientali, di quelle produttive e di quelle tecnologiche, e per essere messa correttamente in funzione necessita della coesistenza armoniosa di competenze in tutte le direzioni citate.