Il grado di maturità della supply chain
Il concetto di Supply Chain
Il buon funzionamento di una Supply Chain si basa sulla presa di coscienza che ogni impresa non può essere considerata come una entità a se stante, ma sempre e solo come punto di una più ampia rete di realtà tra loro interconnesse: non a caso il concetto di supply chain nasce come naturale estensione del concetto di logistica.
Se la logistica si occupa della gestione ed ottimizzazione dei flussi interni all'azienda, la supply chain supera la barriera "interna" per arrivare a focalizzare l'attenzione alle interazioni tra i vari attori della filiera; possiamo quindi definire Supply chain management, come l'interscambio nei processi logistici di informazioni e materiali, dalla acquisizione di materie prime alla consegna di prodotti finiti al cliente finale. Tutti i fornitori di materiali, i fornitori di servizi ed i clienti sono collegati nella supply chain (Fonte: Council of Supply Chain Management Professionals - 2010).
Gradi di maturità della Supply Chain
Chiarito il concetto di supply chain, la letteratura degli ultimi anni ha prodotto diversi sforzi per arrivare a creare modelli capaci di rappresentare il grado di maturità/sviluppo della rete: sono infatti possibili diversi livelli che spaziano dalla semplice gestione logistica fino alla perfetta ed integrata Supply Chain management. Si procederà con la presentazione di cinque livelli di maturità per poi chiarire le conseguenze associate al grado di sviluppo della catena di fornitura. I cinque livelli presentati si basano su due dei modelli più diffusi: il modello di maturità della supply chain - (SCMM) - sviluppato da Lockamy e McCormack nel 2004 ed il Supply chain process management maturity model del 2011 curato da De Oliveira & McCormack; ogni livello è descrivibile e caratterizzabile da differenti punti di vista: prospettiva di processo, degli attori coinvolti o degli strumenti di misurazione/obiettivi perseguiti.
- Il primo livello (Ad hoc o Fundation) è quello più basilare e si caratterizza per processi di supply chain non strutturati e nemmeno procedurizzati. Di conseguenza, i ruoli degli attori della rete non sono chiaramente definiti, così come gli obiettivi non risultano determinati.
- Il secondo livello (Defined o Structure) prevede una definizione e formalizzazione dei processi che tuttavia non risultano ancora integrati, sebbene si pongano le basi per loro una successiva integrazione. Il modo di lavorare degli attori rimane inalterato, cominciano ad essere fissati degli obiettivi alla SC sebbene si riscontrino grandi difficoltà nella loro misurazione e nel loro raggiungimento.
- Solo al terzo stadio (Vision o Linked) le funzioni della supply chain cominciano ad essere definite (in aggiunta alle funzioni classiche). Si stabiliscono i process owner che sono quindi anche responsabili dei risultati. Si iniziano a scambiare informazioni tra fornitori e clienti, si definiscono kpi ed obiettivi della "filiera", non più della singola azienda.
- Quarto stadio evolutivo (Integration): a livello di singolo processo viene instaurata una cooperazione tra le aziende della filiera; si sviluppano metriche di SCM e queste sono incorporate al 100% nella organizzazione. Prendono forma tecniche avanzate di previsione e pianificazione che coinvolgono tutta la supply chain (dai fornitori ai clienti).
- Il quinto ed ultimo livello (Extended o Dynamics) evidenzia come la cooperazione nei processi tra i team delle diverse aziende è totale fino ad arrivare a percepire la competizione sul mercato non tra aziende ma tra filiere. La supply chain si comporta in maniera molto dinamica e sincronizzata tra i diversi partner ed i Kpi sono strumento guida per il miglioramento: la loro costante misurazione permette di identificare le aree di intervento.
In figura 1 si riassumono i cinque stadi di maturità della supply chain con le differenti prospettive sopra presentate.
Figura 1. I cinque stadi di maturità della supply chain.
Implicazioni a livello di integrazione
Presentati gli stadi evolutivi tratti dai due modelli sopra citati, si procederà ora a considerare le implicazioni/opportunità associate al livello di integrazione. Si considerino innanzitutto le implicazioni a livello di strumenti/tecniche previsionali. Con il crescere della integrazione, le tecniche previsionali implementabili sono via via più sofisticate: dal primo stadio in cui si riscontra la totale assenza di previsione della domanda, ad una formalizzazione del demand planning (stadio 2), fino ad un suo utilizzo strategico a livello di filiera (3 e 4); infine, all'ultimo stadio, la gestione della domanda e della pianificazione risultano completamente integrati.
Se da un lato al crescere della integrazione sono necessarie risorse da destinare alla pianificazione, dall'altro è possibile misurare i benefici da differenti prospettive: l'accuratezza del forecast via via crescente permette la riduzione dell'incertezza e quindi la riduzione delle scorte di sicurezza intermedie create proprio per far fronte alla incertezza; non a caso, si è empiricamente riscontrato come dal livello integration è possibile l'implementazione nella gestione degli stock della logica Pull e del conseguente abbandono della logica Push:
- nella logica Pull ogni fase di ogni processo della catena si fa "tirare" dalla successiva nella produzione/lavorazione;
- nella logica Push ogni fase di lavorazione /step nella catena produce a maggiore volume possibile senza curarsi delle successive: spinge quindi il materiale alla fase a valle.
Il passaggio da una logica push ad una logica pull permette una importante riduzione delle scorte medie tra le diverse fasi / processi, proprio perché si produce solo quando richiesto dalla fase successiva.
In figura 2 si confrontano due tipiche situazioni di livelli stock in un sitema Push e Pull.
Figura 2. Lo stock di semilavorati: logica push vs pull.
La riduzione dello stock medio, oltre ad un chiaro e misurabile beneficio a livello di costi gestionali e finanziari, garantisce altri tre chiari vantaggi strategici su cui una filiera integrata può far leva.
Il primo è identificabile nella riduzione degli errori: minor stock medio da gestire, movimentare, contare garantisce una riduzione degli errori, delle rotture, etc.... con benefici economici ma anche qualitativi spesso significativi.
In secondo luogo la riduzione degli stock (associata ad una gestione delle informazioni integrata) permette miglioramenti di velocità di processo (time to market): il tempo necessario affinchè una nuova unità sia prodotta /fornita dalla filiera si riduce, sia perché diminuisce il work in progress (materiale/stock lungo la filiera), sia perché le informazioni necessarie alla produzione sono via via integrate e gestite in maniera più efficiente. I miglioramenti della velocità della filiera (osservabili in maniera crescente con l'integrazione delle 5 fasi) sono ormai elemento cruciale per competere nei mercati moderni: si pensi a mercati basati su piattaforme e-commerce.
Un terzo beneficio associato alla riduzione delle giacenze è identificabile nella più facile re-ingegnerizzazione dei processi: stock più basso rende più facile misurare ed identificare le aree di miglioramento, oltre che una più agevole implementazione dei cambiamenti. Ovviamente un livello di giacenze inferiore non è condizione sufficiente per una agevole attività di miglioramento dei processi, ma è sicuramente condizione necessaria. Dalla fase di integrazione structure i cambiamenti cominciano ad essere studiati, ma solo dalla integration sono gestiti in maniera procedurizzata ed organica.
Considerazioni
Una ultima considerazione. L' "allargamento" dei mercati spinge le catene di fornitura ad integrarsi e, di conseguenza, l'importanza della propensione con cui ogni azienda si pone nei confronti di una ipotetica scala di integrazione risulta vitale; da un lato, un ostracismo alla integrazione potrebbe portare gli altri partner a cercare soggetti più propensi alla integrazione, dall'altro il raggiungimento di una posizione di integrazione molto spinta può essere vista come un elemento di sicurezza per il continuum e la crescita della azienda poiché riduce la propensione dei partner a sostituire il soggetto con possibili nuovi concorrenti.
La resistenza ad una integrazione spinta, riscontrabile soprattutto nelle piccole/medie imprese, è spesso di tipo culturale e può però essere vinta solo con un approccio data driven: al crescere dell'integrazione, migliorano le performance della supply chain e di conseguenza i risultati finanziari sono via via migliori. La presa di coscienza dei benefici economici ma anche qualitativi, può essere la più efficacie leva su cui puntare per vincere le resistenze ed accelerare i passaggi nella ascendente scala dei cinque step evolutivi.