Piero Manzoni e la Merda d'Artista
L'Artista deve colpire, meravigliare, comunicare, emozionare, innovare; nell'Arte figurativa contemporanea si sono verificate molte "rivoluzioni" e, soprattutto, dai primi del novecento (col cubismo, futurismo, surrealismo, astrattismo, etc.) ai giorni nostri abbiamo potuto ammirare opere d'arte di diverso tipo, non sempre di facile interpretazione perché molti artisti hanno cercato di superare gli schemi classici dell'arte figurativa proponendo opere fuori dagli abituali paradigmi, comprensibili dalla maggior parte delle presone.
Possiamo comunque affermare che non passa per opera d'arte tutto ciò che è strano, curioso, fuori dagli schemi e di questo ne da testimonianza, nel tempo, il mercato delle opere d'arte che alla fine attribuisce credito, tendenzialmente, agli artisti che con continuità hanno saputo proporre lavori con contenuti espressivi o con valori concettuali di un certo livello.A sostegno di questa tesi vorrei portare un caso piuttosto singolare di un Artista italiano, Piero Manzoni, morto purtroppo precocemente all'età di soli 30 anni nel 1963. Manzoni si è distinto sin dall'inizio del suo percorso artistico per la particolarità delle sue opere. Verso la fine degli anni 50 si concentra sugli Achromes (in francese incolore) e poi prosegue creando oggetti concettuali come le "Linee" e progetta di firmare corpi viventi come se fossero opere d'arte, rilasciando "certificati di autenticità" (saranno poi intitolate "Sculture viventi"). Successivamente produce, tra l'altro, 45 "corpi d'aria" che concretamente sono dei comuni palloncini riempiti d'aria che poi battezzerà "fiato d'artista".
Ma forse la cosa più singolare Manzoni la produsse nel maggio del 1961 inscatolando e mettendo in vendita 90 confezioni di "Merda d'artista" da 30 gr. al prezzo di altrettanti grammi d'oro ciascuna.
Con questa opera così provocatoria Piero Manzoni voleva denunciare i meccanismi e le contraddizioni del sistema dell'arte contemporanea. La scatoletta è diventata un vero e proprio manifesto della sua epoca, col proposito di contestare le assurdità artistiche che molti proponevano e di evidenziare che qualsiasi prodotto poteva essere premiato e considerato arte non tanto per il suo valore intrinseco, per la capacità dell'artista o per ciò che suscitava, ma solo per notorietà dell'artista stesso. La critica dell'epoca ha visto la scelta di confezionare le feci come una protesta verso gli artisti che vedevano nell'arte un mezzo di eternarsi. Con quest'ottica l'opera diventa un reliquiario che contiene un ricordo "prezioso" del maestro da venerare come sacro.
A testimonianza del valore artistico di questo "lavoro" di Manzoni possiamo rilevare che i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte in tutto il mondo (ad esempio l'esemplare numero 4 è esposto alla Tate Modern di Londra ed il barattolo 80 è esposto al Museo del Novecento di Milano) ed il valore di ciascuno di loro è stimato intorno ai 70.000 €, prezzo assai superiore a quello che si era prefissato di raggiungere dall'autore.
A Milano, nel maggio 2007 nelle sale della casa d'aste Sotheby's, un collezionista si è aggiudicato l'esemplare numero 18 a 124.000 Euro: record d'asta mondiale per una delle 90 opere. Siccome qualcuno aveva insinuato che al posto delle feci di Manzoni ci fosse del gesso non risulta che alcuno abbia mai avuto la curiosità, visto anche il valore di mercato del "barattolo", di deturpare l'Opera aprendola per verificarne il contenuto.