Integrare la nostra supply chain… ma con chi?
La crescente pressione per la riduzione dei costi ha spinto le aziende a ricercare con sempre più convinzione una integrazione della propria supply chain con i vari partner della filiera: con “supply chain integrata” si intende infatti una crescente sincronia tra i partner della filiera fino all’ instaurazione di livelli cooperativi costruiti e ottimizzati in ogni singolo processo; in una supply chain molto integrata i dati sono condivisi, prendono forma tecniche avanzate di previsione e pianificazione che coinvolgono tutta la supply chain (dai fornitori ai clienti), si sviluppano metriche di Supply chain management e queste sono incorporate al 100% nell’organizzazione. Trasformare la propria supply chain ricercando una crescente integrazione con i partner, impone la presa di coscienza che solo attraverso questa progressiva integrazione sia possibile da un lato ridurre strutturalmente i costi, dall’altro rispondere in maniera adeguata alla crescente dinamicità, apertura e competitività dei mercati.
Raggiunto quindi all’interno di un’azienda un chiaro e forte grado di committment verso l’integrazione, lo step successivo consiste nel rispondere al seguente quesito: come selezionare i partner su cui puntare per raggiungere l’integrazione della propria supply chain? L’integrazione non può infatti essere un processo da implementare con tutti i fornitori/clienti! Se una azienda classifica la maggioranza dei proprio interlocutori commerciali come partner o potenziali tali, significa che o non è chiara la definizione di partner oppure la strategia di partnership non è portata avanti correttamente. Per poter definire chi deve essere partner, con chi lavorare in maniera integrata e per processi, con chi condividere i nostri dati e disegnare i processi è necessario infatti condurre una duplice analisi strutturata: una prima volta a definire come noi vediamo i partner ed una seconda volta a rappresentare come loro percepiscono/classificano noi; dall’incrocio di queste due analisi emergeranno i pochi partner con cui è auspicabile iniziare un processo di progressiva integrazione. Si presenterà di seguito un’analisi sul parco fornitori, ma la stessa (ovviamente “capovolta”) potrà essere condotta dal punto di vista dei “clienti”.
Come noi vediamo i fornitori.
Il parco fornitori della nostra azienda può essere rappresentato in un unico grafico, incrociando due dimensioni: il volume di spesa e la difficoltà/criticità del mercato in cui l’azienda si approvvigiona. Si rappresenti la prospettiva del “volume di spesa” di ogni categoria di acquisto sull’asse delle ascisse: al crescere del volume di spesa ci si sposterà verso destra. La dimensione relativa alla difficoltà del mercato verrà invece rappresentata sull’asse delle ordinate in maniera crescente (al crescere delle difficoltà ci si sposterà verso la parte alta del grafico). Mentre la dimensione della spesa è chiara da subito (elemento quantitativo, misurabile e incontrovertibile), la seconda dimensione (criticità del mercato) deve essere chiarita ed interpretata: un mercato di approvvigionamento può infatti risultare più o meno difficoltoso a causa di scarsità della materia acquistata, per fattori governativi (legislazione, sicurezza, ambiente, dazi, instabilità) per vincoli legati a brevetti / investimenti necessari / cartelli esistenti che creano barriere all’entrata, per certificazioni o specifiche necessarie, vincoli imposti dai clienti,...
La rappresentazione congiunta delle due dimensioni permette di ottenere quanto rappresentato nella figura 1 (analisi del portfolio fornitori di Kraljic): ogni categoria di acquisto risulterà classificata in una di quattro possibili casistiche.
Figura 1. L’analisi del portfolio fornitori.
Tornando al quesito iniziale, quali fornitori/categorie di spesa ha senso inserire in un potenziale progetto di partnership e quindi in una potenziale integrazione crescente della supply chain?
Non ha innanzitutto senso prendere in considerazione i fornitori che ricadono nella categoria “non critical”: in questo caso la strategia di acquisto dovrà standardizzare il processo di approvvigionamento (la spesa è infatti modesta ed il mercato semplice); non vi sono motivi quindi di ricerca di integrazioni tra partner.
Spostiamoci ora alla categoria "Leverage" (leva) caratterizzato da alta spesa e mercato semplice: se cercassi una partnership con questi fornitori commetterei un grave errore in quanto è necessario spingere verso la competizione per cercare di ottenere il prezzo migliore sul mercato; anche se la spesa è elevata, il mercato è semplice quindi un cambio frequente di fornitore è più che auspicabile.
Nelle categorie “strategic” è invece auspicabile la ricerca di cooperazione/integrazione nelle supply chain tra fornitori e noi: la difficoltà del mercato impone di mitigare i rischi e la partnership viene incontro a questa necessità; inoltre, l’elevata spesa, pone precondizioni per l’ottimizzazione e l’investimento nella ricerca di sinergie di processo.
Anche la categoria “critical “ potrebbe suggerire la ricerca di partnership anche se, in questo caso, più che l’ottimizzazione/integrazione dei processi è necessario mitigare i rischi attraverso accordi di lungo periodo; la bassa spesa non giustifica infatti investimenti per ottimizzazione/integrazione dei processi.
Questa l’analisi che può essere condotta dalla nostra prospettiva, ma per poter identificare i partner ideali con cui integrare le supply chain è fondamentale valutare come i nostri fornitori valutano la nostra azienda.
Come i fornitori ci vedono.
Proviamo ad analizzare come i fornitori classificano la nostra azienda dal proprio punto divista. Analogamente a quanto facciamo noi, loro potrebbero condurre una analisi inserendo le prospettive di fatturato (asse delle x) e quanto noi risultiamo per loro attrattivi dal punto di vista commerciale (asse delle Y): mentre la dimensione “fatturato” è immediatamente chiara e misurabile (al crescere del fatturato il cliente viene posizionato verso destra nel grafico), la seconda dimensione deve considerate il possibile sviluppo commerciale, il tasso di crescita potenziale che il cliente può rappresentare o altre considerazioni derivanti da strategie di marketing (al crescere della attrattività il cliente si posiziona nella parte alta del grafico). Rappesentando congiuntamente le due dimensione, si creano 4 casistiche, come rappresentato in figura 2.
Figura 2. L’analisi del fornitore nei nostri confronti.
Si consideri innanzitutto la categoria “Nuisance” (letteralmente “fastidio”): il fornitore è, in questo caso, pronto a perdere questo rapporto commerciale senza fare il primo passo; come clienti rappresentiamo infatti un basso livello di fatturato e non risultiamo particolarmente attraenti dal punto di vista commerciale. Nel caso in cui provassimo a proporre integrazioni delle nostre supply chain riceveremmo un supporto nullo o scarsissimo.
Nel caso in cui il livello di fatturato risulta elevato ma l’attrattività commerciale bassa, si ricade nella casistica “ Exploitable” (sfruttabile) : il fornitore farà quello che deve esser fatto per mantenere lo status quo, ma è pronto a perdere il rapporto commerciale; riceveremmo supporto molto limitato/base nel caso in cui provassimo a proporre integrazioni/ottimizzazioni di processi in quanto il suo interesse verso di noi risulta molto limitato.
Spostandosi alla categoria “Development” (sviluppo) le considerazioni sono molto differenti: risultiamo infatti essere attrattivi per il fornitore, che spinge per una crescita in quanto percepisce la relazione come chiave per il futuro; nel caso in cui gli proponessimo integrazioni/partnership, sarà proattivo allocando le risorse migliori per il business development.
La categoria “Core” racchiude i rapporti commerciali con alto fatturato ed elevata potenzialità commerciale: il supporto fornito dal fornitore risulterà forte ed il suo atteggiamento collaborativo per sviluppare/mantenere la relazione commerciale.
Incrocio delle prospettive e scelta dei “partner”.
Dall’incrocio delle due analisi sopra condotte, è possibile indentificare e classificare i fornitori con cui costruire una potenzialmente proficua integrazione delle nostre supply chain: la situazione che pone le migliori basi risulta essere quella in cui noi classifichiamo il fornitore come strategico mentre lui ci classifica come development; in questo caso c’è una convergenza di interessi verso la ricerca di sinergie, gli sforzi di entrambi andranno nella medesima direzione con un forte committment da entrambe le parti! Non ci sarà difficoltà nello scambio dati e nel pianificare integrazioni di processo. In secondo luogo (in ordine di potenzialità) posizione vi sono i fornitori da noi classificati come strategic che classificano la nostra azienda come cliente core.
In tutte le altre combinazioni, non ha senso investire per una potenziale integrazione della supply chain, o perché non è giustificato dal nostro punto di vista (ad esempio anche se il fornitore ci classifica come development, se noi lo classifichiamo leverage non ha senso intraprendere alcuno sforzo per la partnership) o perché il partner non ha interesse (ad esempio noi classifichiamo il rapporto come “strategico” ma lui come “Nuisance”).
In conclusione, una analisi dalla doppia prospettiva come quella sopra proposta permette di evitare errori strategici o investimenti in analisi/proposte che già in partenza possono essere classificati come irrealizzabili, concentrandosi invece sulle opzioni che da subito hanno un potenziale di successo più elevato, grazie ad una convergenza di interessi degli attori della supply chain.