Avere un magazzino (e averlo sicuro)
Articolo pubblicato sulla rivista L’Industria Meccanica n.703 maggio/giugno 2016
Solo il 5% dei magazzini in Italia ha scaffalature antisismiche
di Carlo Fumagalli, editor di L’Industria Meccanica
Le pareti del capannone non avevano retto alle scosse. Ma il tetto era ancora lì, in alto. Rimasto appoggiato alle scaffalature di acciaio sotto di lui. 2012, terremoto dell’Emilia. Dal finestrino della sua automobile Maurizio Santon, socio fondatore e procuratore speciale della friulana Modul Blok, ha visto almeno quattro casi in cui la struttura metallica degli scaffali è stata più forte anche della muratura che li rivestiva: «Una scaffalatura costruita con criteri antisismici dovrebbe essere fondamentale» ci dice, «in un’Italia che, di fatto, è in tutte le sue parti a rischio di terremoti». Durante il sisma del 2012 i danni a fabbriche e magazzini sono stati imponenti. «Il 20% degli impianti sono rimasti inutilizzabili dai crolli», spiega Santon, che oltre all’attività in azienda è a capo della sezione Cisi (scaffalature metalliche) da febbraio parte di Aisem, l’associazione dei costruttori di sistemi di sollevamento elevazione e movimentazione all’interno di Anima/Confindustria. «Il 50% sono stati poi messi in condizione di poter lavorare, mentre il 30% non ha subito danni. Percentuali che peraltro non considerano i casi celebri di grana eparmigiano, immagazzinati in quel caso in semplici “scalere” che nessuno aveva mai chiamato “scaffali” prima di vederli contorti e rovinati a terra con il loro preziosissimo carico». Ma il dato che chiarisce la situazione è semplice: «Oggi in Italia solo il 5% dei magazzini sono costruiti con criteri antisismici».
Scaffali a prova di terremoto
Per sorreggere le merci, una scaffalatura deve essere in grado di sostenere il loro peso, quindi resistere ad azioni verticali. Quella sismica è un’azione orizzontale, ciclica, devastante per qualsiasi struttura se non opportunamente fronteggiata. Una scaffalatura antisismica è capace di assorbire queste spinte grazie a specifici elementi, normalmente non presenti in una struttura normale, che conferiscono maggiore rigidezza e riducono le deformazioni globali. Essenziali per opporsi all’azione sismica sono i fissaggi al suolo, i controventi, i correnti a terra se compatibili con le metodiche di gestione, ma sono importanti anche parametri quali la regolarità geometrica in entrambe le direzioni principali della struttura.
«Oggi sono in tanti a chiedere l’installazione di magazzini antisismici per le proprie attività», spiega ancora Maurizio Santon, «Allo stesso modo, purtroppo, arrivano ancora richieste di strutture usate, il che è un vero controsenso». Un problema di natura economica, ma dalle radici culturali. «Una scaffalatura antisismica» spiega Giuseppe Fabbri, consulente tecnico di Aisem, può costare anche il 30% in più rispetto a una scaffalatura che non si pone come obiettivo la protezione di persone e merci in ogni condizione». Ma spesso i costi sono legati a una difficile integrazione della scaffalatura con il contesto in cui viene installata.
«Se, ad esempio, il pavimento di un magazzino è appena sufficiente ad installare scaffalature di notevole portata, è difficile che questo possa trattenerle in caso di onda sismica». Inizia quindi un processo di revisione e “adattamento” del progetto originale che porta, ad esempio, ad aumentare la dimensione delle piastre di base e impone un maggiore numero di ancoraggi, «ma è chiaro» continua Fabbri, «che ogni cambiamento o aggiunta inattesa prevede costi e dispersioni di risorse».
Immediatamente dopo il terremoto dell’Emilia una circolare indicava come risolvere l’emergenza e come procedere per il ripristino dei luoghi di lavoro. Se il documento venisse ripreso e adottato su scala nazionale sarebbe un passo avanti per la sicurezza sul lavoro, e la tutela dei costruttori italiani
Ma cosa dice la legge?
Di fatto, ad imporre in Italia l’installazione di una scaffalatura dimensionata con criteri antisismici è la legge sulla sicurezza sul lavoro.
Gli articoli 23 e 28 del decreto legislativo 81/2008 – il testo unico di riferimento – impongono infatti al datore di lavoro e al fornitore dell’attrezzatura di conseguire progressivamente il massimo livello
di sicurezza possibile rispetto alle conoscenze attuali. In altre parole: il fornitore e l’acquirente della scaffalatura tratteranno su un impianto che garantisca prestazioni adeguate in funzione della valutazione dei rischi.
Ciò è importante soprattutto in un contesto normativo ancora poco chiaro per quanto concerne le scaffalature metalliche, che rispetto alle altre strutture in acciaio (edifici, ponti, piloni...) hanno caratteristiche molto particolari, a cominciare da una massa inferiore e trascurabile rispetto a ciò che devono contenere.
Le azioni volontarie
Entro quest’anno entrerà in vigore la EN16681, prima norma ufficiale condivisa a livello europeo, ma ben nota e apprezzata anche negli Usa e in Australia, che fornisce specifiche indicazioni sul dimensionamento in zona sismica degli impianti di immagazzinamento convenzionale per pallet costruiti con scaffalature industriale.
È una norma europea che ha alle spalle oltre 20 anni di studi e ben due ricerche europee (Seisrack I e II) e garantirà un sostanziale miglioramento della sicurezza di uomini e merci nel nuovo installato.
L’Italia e in particolare il Cisi è stata parte attiva guidando il gruppo di lavoro dal primo giorno fino alla definitiva approvazione. Spesso la spinta a una maggior sicurezza arriva, insomma, su impulso
degli stessi costruttori. E non è l’unico esempio. Già nel 1996 le aziende del Cisi avevano lanciato un programma di autoqualificazione per il mercato italiano.
Il marchio “Qualità & Sicurezza Cisi” veniva assegnatoin caso di esito positivo di una ispezione di parte terza, dopo che l’azienda aveva dimostrato il rispetto dei criteri di progettazione e dimensionamento e delle regole tecniche di produzione delle scaffalature industriali. «In breve tempo le aziende sistematizzarono i loro processi» racconta Giuseppe Fabbri, «e il marchio Cisi divenne noto al punto da essere richiesto come requisito in molti capitolati per forniture pubbliche e private».
Uno strumento esiste già
«Con il terremoto del 2012, è uscita una circolare dal ministero delle Infrastrutture e dal consiglio superiore dei Lavori pubblici specifica per le zone del cratere sismico» spiega Maurizio Santon, «in cui si trattava il tema dell’agibilità temporanea e dell’idoneità degli scaffali». Un documento che aveva tutti gli elementi per essere esteso su scala nazionale. Così non è avvenuto.
Oggi è attiva una commissione tecnica presso il consiglio superiore dei Lavori pubblici che sta affrontando il tema.
«È concettualmente quello che abbiamo sempre desiderato, speriamo di riuscire a scrivere un documento che sia una vera e propria guida in materia» conclude Santon, «cosa che metterebbe i magazzini e le fabbriche italiane al riparo da danni, crolli, incidenti, e anche i costruttori italiani dalla concorrenza sleale e spregiudicata».
Fonte: L’Industria Meccanica