L’aumento del rischio nelle Supply Chain globali
Secondo il Chartered Institute of Procurement & Supply (CIPS) nel quarto trimestre del 2015, il livello di rischio presente all'interno delle Supply Chain globali è aumentato, ricalcando la tendenza attualmente in atto, cioè il peggioramento del rischio operativo nel suo complesso.
Evidenza di questo fatto è stata fornita attraverso il calcolo di un apposito indicatore – il Global Supply Chain Risk Index – all'interno del quale confluiscono molteplici valutazioni intraprese da economisti e analisti che lavorano sul campo in tutto il mondo. Per un determinato Paese, il valore dell'indicatore è ottenuto aggregando i punteggi ottenuti dal Paese stesso in nove sotto-indicatori.
I pesi utilizzati per ciascuna nazione si basano sul contributo che quest'ultima fornisce alle esportazioni a livello globale. Attualmente vengono valutati, su base mensile, 132 nazioni che contribuiscono a più del 90% dell'attività economica mondiale.
La generale crescita di tale indicatore riflette il disagio sullo stato dell'economia dovuto principalmente al rallentamento del mercato cinese e alla maggiore vulnerabilità dei mercati emergenti.
Se si analizzano ad un livello più aggregato i risultati per nazione, i principali punti di attenzione che si possono evidenziare sono i seguenti:
- il rischio in Asia e nel Pacifico continua ad aumentare a causa di peggioramento delle condizioni economiche in Cina, Nuova Zelanda e Australia (in particolare quest'ultima ha visto ridursi la domanda di materie prime proprio da parte della Cina);
- Il rischio nell'Africa sub-sahariana è sceso leggermente per via del miglioramento delle economie di alcuni Paesi che hanno più che controbilanciato le difficoltà registrate da altre; tuttavia l'outlook per il futuro mostra una tendenza al deterioramento di questa situazione, principalmente per via della riduzione del prezzo delle materie prime (specialmente il rame);
- anche se si registra il rientro dell'Iran nelle catene di approvvigionamento globali che incoraggia l'ottimismo, il rischio in Medio Oriente e Nord Africa rimane alto (per via da un alto dell'aumento dell'offerta di petrolio, che dovrebbe tenere bassi i prezzi dell'energia, e dall'altro del peggioramento del settore turistico per via della situazione socio-politica in cui vertono queste zone);
- alcune regioni, tra cui l'UE, hanno migliorato il proprio rating di rischio rispetto a metà 2015.