E-Commerce: le nuove sfide della supply chain
Si sente molto parlare di come la pandemia abbia comportato anche in Italia l’esplosione dell’E-Commerce, ed, in maniera molto più generica, spesso si sente aggiungere che a questo sia conseguito un congestionamento a livello globale della filiera della Supply Chain.
Mi piacerebbe in questa sede scendere più nel dettaglio, investigando invece a livello locale le nuove sfide che questo fenomeno sta implicando, e la maniera in cui questo processo stia minando l’efficacia dei metodi tradizionalmente utilizzati per fare efficienza in quest’ambito.
Il fenomeno si manifesta sulle catene distributive di qualsiasi dimensione: I grandi operatori della GDO ed i produttori hanno ormai tutti un proprio canale di vendita online al dettaglio, mentre i piccoli produttori sanno che raggiungendo direttamente il cliente finale possono valorizzare meglio i loro prodotti, ritagliando per se una fetta dei costi di distribuzione risparmiati con l’operazione.
In sostanza ci sono più fonti emittenti prodotti da distribuire e ci sono più destinazioni da servire.
Le modifiche nella natura del flusso: un fenomeno risalente
Le più rilevanti implicazioni del fenomeno sono tre: da un lato aumentano appunto enormemente il numero di referenze da processare ed il numero di destinazioni da cui ricevere e cui recapitare la merce, mentre dall’altro crolla il numero di colli per singola referenza. Il flusso è più frazionato, e questo non per forza a fronte di un aumento globale del volume da movimentare.
Si tratta in realtà di un percorso iniziato almeno un decennio prima dell’avvento del COVID (in alcuni casi prima ancora, dipende dai settori e dalle categorie merceologiche): nella mia esperienza personale (ambito GDO) ricordo di aver affrontato la prima riunione sul tema nel lontano 2012, quando (già in ritardo) consideravamo le conseguenze della globalizzazione del mercato, di cui poi l’E-Commerce non è stata altro che una conseguenza, o se vogliamo una declinazione.
Conseguenze operative
Il fenomeno ha conseguenze davvero impattanti sulla gestione delle operazioni di Supply Chain, che si manifestano a vari livelli e su tutto il ciclo. Sostanzialmente aumentano gli effort lavorativi necessari a compiere ciascuna fase, mettendo in crisi il tradizionale sistema usato per fare efficienza in quest’ambito, ovvero l’ottimizzazione dei volumi da movimentare.
Semplificando molto si potrebbe assumere che nel ventennio che va dal ’90 al 2010 gli operatori del settore (soprattutto in ambito GDO) abbiano realizzato produttività (e conseguentemente profitti) crescenti in virtù di un aumento del volume costante a fronte di un ben più modesto aumento delle referenze e delle destinazioni. Secondo il paradigma €/collo (con cui vengono retribuite la maggioranza delle logistiche di terze parti) il massimo dell’efficienza veniva ottenuto con l’aumento del volume per ogni referenza: i camion viaggiavano pieni, le distribuzioni interne vedevano poche liste molto voluminose (quindi pochi movimenti con tanti colli ciascuno), e, sebbene le destinazioni aumentassero come conseguenza della politica in voga al tempo di presidio del territorio (quindi molte aperture di punti vendita e centri commerciali da parte dei grandi operatori), questo avveniva in misura assorbibile con l’aumento del volume che ogni apertura portava con se.
L’aumento delle referenze (a fronte del sostanziale mantenimento dei volumi precedenti) avvenuto successivamente mette in crisi tutta la value stream del settore (quel paradigma €/collo così felicemente coniugato in precedenza) proprio perché a tutti i livelli diventa più difficile “far viaggiare pieno il camion” (o il commissionatore, o chi per lui…).
In un paragone ortofrutticolo, se prima ogni giorno servivo mele pere e banane in una certa quantità ad ogni filiale, oggi servo la stessa quantità globale, ma suddivisa in più categorie di prodotto (mele bio, mele golden, mele rosse…). In più ho iniziato a dover servire nuove categorie di prodotto (avocado, daikon, zenzero…) ed ognuna di queste declinata in tutte le varianti delle precedenti. Il tutto gestito, giustamente e comprensibilmente, in una politica di one piece flow (non vogliamo certo che il frutto del nostro lavoro deperisca invenduto sui banchi dei negozi), aspetto che però compromette ulteriormente la possibilità di fare volume per singola movimentazione. Aumentano i viaggi, ma contestualmente diminuiscono i “passeggeri” di ogni viaggio in partenza.
Aumentano simultaneamente anche le esigenze di ciascun passeggero (e le operazioni di gestione conseguenti). Per restare nell’ortofrutta: il “Bio” (oltre ad essere “preparato” a parte) va caricato per ultimo, rimanendo a volte ad ostruire a lungo la baia di carico anche se già pronto; l’insalata va lasciata asciugare prima di caricarla sui camion refrigerati e non va posta in alto per non subire danni dall’esposizione diretta alle ventole di refrigerazione (ma non va schiacciata). Non che prima lanciassimo i colli a casaccio all’interno dei bilici, ma certamente il panorama è diventato più articolato e la gestione dello stesso meno intuitiva e facilmente ottimizzabile.
Le conseguenze si avvertono ad ogni livello della filiera
Il fenomeno di cui stiamo parlando affetta ogni aspetto della catena di distribuzione praticamente di qualsiasi categoria merceologica in ogni settore:
Trasporto
In un mercato ormai realmente globale aumentano i distributori, le destinazioni, le distanze cui potenzialmente ogni prodotto potrà essere destinato. Aumentano contestualmente le esigenze specifiche di ogni produttore relativamente ad ogni categoria di prodotto (non banale è il tema delle varie temperature di trasporto e la garanzia che queste siano mantenute durante tutte le fasi della filiera). Aumenta globalmente il numero di viaggi verso i centri di distribuzione a fronte di un minor volume per ciascuna commessa. La conseguenza è principalmente la necessità di sincronizzare il trasporto di più commesse per ogni viaggio. Diminuiscono i formati standard, e la difficoltà più grande è coniugare la variabilità dei volumi dei vari packaging con le contestuali esigenze di carico per ciascuna tratta (cosa che costringe gli operatori del settore ad un costante “Tetris” in quattro dimensioni, dove i colli hanno anche un peso e le linee completate non svaniscono, semmai si danneggiano se mal sovrapposte!!!). Il paradosso è che si genera più traffico ed il traffico è una variabile che peggiora ulteriormente il rapporto €/Km per ogni collo movimentato.
Infine si fraziona enormemente la logistica dell’ultimo miglio, con la nuclearizzazione delle destinazioni: se prima le merci convogliavano verso i grandi distributori finali, oggi le merci raggiungono direttamente ciascun consumatore.
Operazioni di carico/scarico
Abbiamo già fatto cenno di come anche a questo livello la nuclearizzazione del flusso abbia comportato un aumento delle variabili da gestire. Aumentano i formati da processare, le esigenze di ciascun formato ed anche la natura dei mezzi da caricare. Una logistica dell’ultimo miglio enormemente frazionata comporta infatti l’esigenza di mezzi piccoli ed agili per consegnare con bassi consumi e massima velocità. A livello industriale questo comporta, banalmente, l’impossibilità di accesso di questi mezzi alle baie di carico progettate per grandi bilici (tipiche dei grandi centri di distribuzione tradizionali). Anche per questo motivo al momento, le operazioni di questo tipo vengono più frequentemente gestite direttamente dai punti vendita anche in ambito GDO.
Con l’aumentare del numero dei fornitori di prodotti da distribuire aumentano anche le variabili inerenti la ricezione della merce. Camion meno pieni (o meno capienti) significa spesso più operazioni di ricezione merce da orchestrare per ogni ciclo, con un volume inferiore per ogni operazione (e quindi con un inferiore beneficio economico), con un traffico interno molto congestionato, e con una maggiore dispersione termica (le ribalte di carico e scarico si aprono con maggiore frequenza) in caso di ambienti a temperatura controllata (con conseguente aumento dei consumi). Ricevere merce da più fornitori significa inoltre, in questa area, moltiplicare le possibilità di Lead Time imprevedibili conseguenti a ritardi relativi a problemi durante il trasporto (traffico, operazioni di sdoganamento, avverse condizioni meteo etc…) con il rischio di vanificare programmazioni molto attente generando sprechi orari significativi.
Distribuzione interna e preparazione ordini
All’interno dei centri di distribuzione aumentano le operazioni di smista da effettuare relativamente ad un volume sostanzialmente invariato, con conseguente dispendio di tempo, diminuzione della produttività oraria, ed aumento delle possibilità di errore per ogni smista. Anche a questo livello si percepiscono le difficoltà imposte dalla poliforme e poco standardizzata natura del packaging, con conseguenti difficoltà di bancalizzazione e crescente possibilità di danneggiamento merce durante le operazioni di preparazione ordini, di stoccaggio e di movimentazione.
La logistica inversa: i resi
Questa è l’unica vera conseguenza “esclusiva” del mondo dell’E-Commerce inteso in senso stretto, ed è una delle più note ed investigate. Le politiche di customer care imperanti impongono ormai quasi in ogni settore la pratica del reso gratuito. Questo costume ha generato a livello logistico un nuovo ciclo rappresentato dal traffico di “ritorno” di merce a vario titolo rifiutata dal consumatore finale. In questo caso si tratta di flussi del tutto imprevedibili (ma volumetricamente incidenti) di “pezzi unici” che ritornano verso i produttori, e che andranno quantomeno riprocessati prima di essere reinseriti sul mercato.
Non proprio l’ultima frontiera dell’efficienza e della sostenibilità insomma. Ma il fenomeno ha una sua logica: l’avvento dell’E-Commerce aveva già messo i grandi operatori nelle condizioni di dover disporre di una rete capillare di mezzi che andavano dai grandi centri di distribuzione alle case di ciascuno di noi… è stato sufficiente non farli tornare vuoti! L’impalcatura generale esisteva già ormai, si è trattato di aggiungere valore ad un costo già presente (ovvero il ritorno presso i centri di distribuzione dei mezzi per i successivi cicli di carico), aggravandolo solo leggermente, ma tramutandolo in un servizio fondamentale per vincere lo scetticismo del cliente finale riguardo alla plausibilità di un acquisto virtuale.
Come adeguarsi al cambiamento
Entriamo in questa fase in un territorio largamente influenzato dall’opinione. Approccio il tema ben conscio del fatto che la mia non potrà che essere una visione parziale filtrata dall’esperienza personale, e fiducioso nella volontà di chi leggerà queste righe di replicare condividendo con me e gli altri lettori il proprio contributo sull’argomento.
Il parere di chi scrive è che tutto il settore sarà investito da un innalzamento consistente del livello tecnologico, e conseguentemente delle performance: a tutti i livelli sarà necessario munirsi di hardware e software in grado di ottimizzare i processi in tempo reale aumentando il più possibile il livello di standardizzazione di ciascuna fase.
Sicuramente aumenterà la necessità e la ricerca di competenze informatiche nell’ambito, e sarà necessario monitorare con attenzione i giusti KPI per ciascuna diversa necessità distributiva: sotto alcuni aspetti, quanto appena considerato rende obsoleto, o perlomeno insufficiente, il tradizionale rapporto tra colli movimentati ed ore investite come unico parametro di misurazione della produttività operativa. In generale ritengo sarà sempre più importante la corretta mappatura del flusso di valore di ogni filiera specifica.
Dal punto di vista delle logistiche interne, il prossimo futuro vedrà i grandi operatori investire massicciamente nella robotizzazione dei propri magazzini e delle proprie attività di smistamento al fine di standardizzare il più possibile una serie di operazioni che, allo stato dell’arte, sfuggono ad una valutazione oggettiva. I settori maggiormente interessati prevedo che saranno il packaging e la fase di smista (che ritengo i meno ottimizzati nelle prassi attualmente sperimentate).
Il comparto automezzi sarà investito da un profondo rinnovamento. Sarà opportuno investire su motorizzazioni da più parti sostenibili per ridurre i costi di trasporto. Sarà sempre più necessario trasportare ogni categoria merceologica con il giusto mezzo, e che questo venga adeguato alla natura delle referenze da trasportare in relazione ai volumi, alle temperature e alle specifiche del trasporto, alla lunghezza e alla tipologia di tratte da percorrere ed ai consumi relativi.
I piccoli operatori ritengo dovrebbero specializzarsi prevalentemente nella gestione della “ragnatela” dell’ultimo miglio, senza prescindere dalla necessità di munirsi delle tecnologie che gli consentano di dialogare il più possibile direttamente con le logistiche integrate delle Committenti.