Smart Manufacturing (Manufacturing 4.0)
Inizia la nuova era della produzione
La nuova rivoluzione digitale non sta tanto negli smartphone che abbiamo in tasca, ma nella discontinuità e nei nuovi modelli che si stanno affermando nelle fabbriche, i veri laboratori del futuro.
Ci troviamo infatti agli albori di una nuova era: quella dell’Industry 4.0, o del Manufacturing 4.0, un’era dove a dominare nei processi lavorativi è, o prova ad essere, l’innovazione digitale. Una rivoluzione che potrebbe rappresentare la chiave di volta per battere definitivamente la crisi che si è abbattuta sul nostro sistema economico nel 2008, insieme alla collaborazione tra mondo delle imprese e mondo universitario come punto di partenza per una nuova epoca nella produzione.
Le innovazioni digitali portano nuove possibilità, con un impatto sulle più piccole situazioni della vita di ogni giorno così come sui grandi processi produttivi. A livello industriale abbracciare la trasformazione significa portare nuova competitività ed efficienza alle imprese, passando da oggetti intelligenti a sistemi intelligenti.
“Lo Smart Manufacturing è destinato a diventare il paradigma della manifattura del futuro. Grazie ad alcune tecnologie digitali innovative le industrie saranno capaci di maggiore interconnessione e cooperazione tra le proprie risorse e ciò cambierà in modo drastico l’efficienza e la competitività, cancellando vincoli fino ad oggi insormontabili con ripercussioni profonde sui processi e sulle possibilità di business. Gli ambiti applicativi sono molto ampi: si va dagli Smart objects per la tracciatura dei processi ai Big Data a supporto della gestione della qualità, dall’advanced automation nella logistica interna alle piattaforme cloud dedicate alla collaborazione nei processi esecutivi.”, spiega Andrea Sianesi, co-responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Manufacturing, che si occupa di studiare il fenomeno in Italia e all’estero.
La maggior parte dei processi a cui si fa riferimento riguardano il cuore pulsante dell’attività industriale. Produzione, logistica, manutenzione, qualità e sicurezza: non c’è reparto in cui oggetti comunicanti e analisi di dati non possano fare la differenza. Ancora per qualche anno almeno, prima che il Cloud e l’Advanced Human Machine Interface si candidino definitivamente per diventare le prossime tecnologie di riferimento, attraverso macchine connesse tra loro e alla Rete, visori per la realtà aumentata e comandi vocali e gestuali, disponibili anche a distanza, che renderanno gli operai più simili al Tom Cruise di Minority Report che al Charlie Chaplin di Tempi Moderni.
Le soluzioni sono tante, non tutte ugualmente mature. Internet of Things e Big Data sono già pronte per varcare la porta di fabbriche e uffici, i sensori riducono la dispersione energetica mentre wearable e stampa 3D sono indubbiamente promettenti anche se ancora acerbi su larga scala: perfetti per rilevazioni sul campo e prototipazioni o riparazioni veloci eppure ancora perfezionabili.
“Lo Smart Manufacturing è la strada fondamentale per il rilancio dell’industria italiana in quanto consente di far lavorare in modo più intelligente e ‘connesso’ le risorse, portando velocità e flessibilità, elementi di cui le imprese manifatturiere hanno bisogno per recuperare competitività”, concorda un altro responsabile dell’Osservatorio, Alessandro Perego.
Questa risulta una condizione essenziale per sopravvivere a mercati sempre più avanzati e globalizzati, soprattutto per un Paese come il nostro, che ha nella manifattura e le esportazioni una delle ricette per uscire dalle secche della recessione.
Marco Taisch – anch’egli co-responsabile dell’Osservatorio – tuttavia constata che “La ricerca, pur rivelando un buon fermento anche in Italia, mostra come nel nostro Paese ci sia ancora molta strada da compiere da parte delle aziende utenti, dei fornitori e anche delle istituzioni. Le cause alla base del rallentato percorso di adozione dello Smart Manufaturing in Italia sono legate a fattori contestuali, culturali, organizzativi e di capacità dell’offerta. “Le principali barriere sono le ridotte dimensioni delle nostre imprese, i limiti di cultura digitale nelle decisioni per l’adozione delle tecnologie, l’assenza di equilibrio tra operational technology ed information technology nelle organizzazioni. E poi i problemi con i fornitori che – nella percezione delle imprese – tendono a “monetizzare” commercialmente l’innovazione proposta, più che a supportare la comprensione della portata del cambiamento”.
Il grande assente per ora, in Italia come in altri Paesi, rimane lo Smart Planning ovvero l’insieme dei processi di Production & Distribution Planning, Inventory Management e Supply Chain Event Management: la capacità di gestire in modo completamente integrato, anche tra sedi diverse, le forniture unitamente ai processi di produzione, distribuzione e inventario. Un’adeguata e innovativa pianificazione a monte sarà così il complemento ideale per processi sempre più sicuri, rapidi e automatizzati a valle. Una funzione in cui l’uomo però, per velocità di adattamento e comprensione del quadro generale, potrà essere forse affiancato ma difficilmente sostituito da macchine e algoritmi.